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Pensioni, sconto alle donne: 6 mesi a figlio ma è una beffa, vale solo per Ape social

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Il Governo viene incontro alle donne che vogliono andare prima in pensione: per ogni figlio applica uno “sconto” di sei mesi, fino ad un massimo di due anni.

Una buona notizia, indubbiamente. Peccato che valga solo per chi può usufruire dell’Ape social, l’anticipo pensionistico – fino a 3 anni e sette mesi, con restituzione di una quota irrisoria per vent’anni – riservato solo a chi svolge lavori gravosi (nella scuola le maestre della scuola d’infanzia), precoci, disoccupati, invalidi o dipendenti che devono assistere parenti in stato di necessità.

Ora, siccome si è scoperto che due persone su tre che hanno sinora fatto domanda sono uomini, appena il 29% delle donne, dall’Esecutivo Gentiloni il 7 settembre, durante l’incontro con i sindacati al ministero del Lavoro, è partita una proposta: bilanciare l’attuale disparità nelle domande per l’Ape social, per arrivare al 40% delle domande, concedendo una sorta di “scivolo” di 6 mesi per figlio, per un massimo di 2 anni.

Lo “sconto” si applicherebbe ai 30 anni di anzianità contributiva per le categorie svantaggiate e ai 36 per le attività gravose.

La proposta è stata ufficializzata dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, al termine del tavolo con i sindacati.

 

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Quanto alle risorse, sempre secondo quanto trapela dal tavolo, il Governo sarebbe disposto ad aumentare il budget per agevolare le donne ma non ci sarebbe ancora una quantificazione dei finanziamenti necessari all’operazione.

I sindacati hanno accolto la proposta con moderata soddisfazione. Cgil, Cisl e Uil hanno infatti messo sul tavolo l’ipotesi di rivedere, allargandone le maglie, la legge Dini, che consente un anticipo sull’uscita di quattro mesi a figlio per un massimo di un anno a chi ricade interamente nel sistema contributivo. 

Per la leader della Cgil, Susanna Camusso, l’intervento sulle donne non basta: “amplierebbe la platea solo di 4 mila unità” se l’obiettivo è passare dal 29% al 40% sul totale di domande per l’Ape social.

Anche per la segretaria Cisl, Annamaria Furlan “è una risposta parziale ai bisogni delle donne” e non affronterebbe l’aspetto più generale del lavoro di cura, legato non solo ai figli. La richiesta, infatti, è quella di una “contribuzione figurativa” da riconoscere a tutti coloro che assistono familiari.

Per il segretario Uil, Carmelo Barbagallo, è “minimale” l’intervento a favore delle lavoratrici ma giudica “positiva” la disponibilità a un incontro “prima che la legge di bilancio venga incardinata”. 

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