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Pensioni scuola, tra quota 103, opzione donna e Ape sociale: il piano del Governo Meloni

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Come si andrà in pensione secondo le disposizioni del nuovo Governo? A quanto pare si starebbe ragionando sui 41 anni di contributi e almeno 62 anni di età: quota 103, insomma. Le risorse che potrebbero essere stanziate in manovra in questa ipotesi dovrebbero essere intorno a 700 milioni per una platea totale di 45-50mila persone.

La cifra da spendere raddoppierebbe poi nel 2024 fino a 1,4 miliardi, sempre se si considera la platea totale, dato che nel 2024 tutte le persone saranno interamente in pensione. Ma attendiamo la Legge di bilancio 2023 per i dettagli. Nelle intenzioni del Governo, peraltro, a contribuire al budget del sistema pensionistico dovrebbe essere la revisione del reddito di cittadinanza.

Pensioni scuola

Altri strumenti collaudati che potrebbero essere rinnovati sono Opzione donna e Ape sociale.

Opzione donna

Nel 2023 rimarrà attivo anche per il personale scolastico il canale di Opzione donna, che quest’anno ha permesso il pensionamento, con il ricalcolo contributivo dell’assegno, alle lavoratrici in possesso di 58 anni d’età (59 se “autonome”) e 35 anni di contributi.

Quali effetti sulla scuola? In relazione a opzione donna, se si deciderà per le donne del pubblico impiego una finestra di sei mesi, l’effetto sarebbe un anticipo molto ridotto rispetto alle regole attuali che, indipendentemente dall’età, prevedono 41 anni e 10 mesi oltre a tre mesi di finestra mobile. L’efficacia sarebbe praticamente nulla per le donne della scuola perché si va in pensione una volta l’anno, a partire dal primo settembre e dunque nel caso di docenti, dirigenti scolastici e personale Ata la finestra mobile non farà gioco.

Ape sociale

Anche l’Ape sociale avrà effetti sulla scuola. Anche il prossimo anno, cioè, alcune categorie di lavoratori della scuola (chi ha mansioni considerate usuranti) potranno utilizzare lo strumento dell’Ape sociale, che consente l’uscita con 63 anni e 30 anni di contribuzione.

Uscita ordinaria

Come abbiamo anticipato, tra i canali di uscita ordinaria resterà accessibile quello che consente il pensionamento con 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva (41 anni e 10 mesi per le donne) a prescindere dall’età anagrafica e senza adeguamenti all’aspettativa di vita fino al 2026.

Chi sono gli interessati sul fronte anagrafico?

Se si fisserà l’età minima a 62 anni, le coorti che saranno interessate alla misura sono solo quelle del 1960 e 1961 (quindi 62 e 63 anni) perché quelle più anziane sono già uscite con quota 100 (il 1959 con 62 anni nel 2021) e le più giovani saranno ancora bloccate. Chi infatti avrà nel 2023 64 anni di età e 41 di contributi ne aveva già 62 di età e 39 di contributi nel 2021 e aveva quindi i requisiti per Quota 100.

Atre questioni economiche

Sul fisco, come ribadito da Matteo Salvini, si andrà invece ad un aumento della soglia dell’aliquota al 15% dagli attuali 65.000 a 85.000 euro, con il tentativo di introdurre anche la flat tax incrementale; mentre la tregua fiscale permetterà una nuova rottamazione delle cartelle.