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Per avere aria pulita nelle aule basta aprire le finestre, ce lo dicevano già i nostri nonni

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La vicenda dei controlli sulla qualità dell’aria nei locali scolastici ha dell’incredibile.
Nelle stanze dei Ministeri della Salute e dell’Istruzione si è stati a discutere mesi e mesi sulla possibilità di installare impianti di aerazione nelle scuole.
Alla fine, ai primi di agosto, viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il DPCM su “Linee guida sulle specifiche tecniche in merito all’adozione di dispositivi mobili di purificazione e impianti fissi di aerazione e agli standard minimi di qualità dell’aria negli ambienti scolastici”.
Le linee guida indicavano la procedura da seguire: “Il dirigente scolastico richiede alle Autorità competenti (Dipartimenti di prevenzione delle ASL e ARPA) di effettuare le attività preliminari di monitoraggio della qualità dell’aria e di individuazione delle soluzioni più efficaci da adottare in conformità alle presenti linee guida. Sulla base degli esiti della predetta attività richiede all’ente proprietario dell’edificio di attivarsi per porre in essere gli interventi necessari, secondo quanto previsto dalla normativa vigente”.

Era facile prevedere (in Italia esistono 40mila edifici scolastici per un totale di almeno 500mila fra aule e laboratori) che il monitoraggio dell’aria non sarebbe stata una operazione semplice.
Adesso, però, c’è l’ufficialità: l’Arpa nazionale ha detto chiaro e tondo che per verificare tutte le aule ci vorrebbero mesi, anzi anni di lavoro.
Si torna così al suggerimento già contenuto nelle Linee guida di inizio agosto: “L’utilizzo dei dispositivi di aerazione è di giovamento solo se comporta un miglioramento dell’aria indoor. È possibile, ad esempio, che la semplice ventilazione delle aule attraverso l’apertura delle finestre possa migliorare sensibilmente la qualità dell’aria, favorendo la diluizione e la riduzione sia di agenti chimici liberati all’interno (es. da materiali, arredi e finiture, attrezzatture didattiche, prodotti per la pulizia, ecc.), sia di virus e batteri rilasciati dagli occupanti”.
Insomma, mesi e mesi di lavoro di funzionari ministeriali, tecnici, ricercatori, studiosi, ingegneri e medici per confermare che se in una stanza c’è “l’aria viziata” bisogna aprire le finestre.
Senza offesa per nessuno: esattamente come dicevano i nostri nonni più di mezzo secolo fa.