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Personalizzare i piani di studio? Bagni (Cidi): “C’è da capire cosa vuol dire” D’Auria (MCE): “Non è così che si combatte la dispersione scolastica”

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Sulla questione della personalizzazione dei piani di studio di cui ha parlato il Ministro Valditara nel corso di una intervista al Corriere abbiamo raccolto anche l’opinione di due importanti associazioni di insegnanti, Cidi e MCE.
Sentiamo cosa dicono.

“Che vuol dire una personalizzazione più incisiva dei piani di studio?” si chiede Beppe Bagni, presidente del CIDI che aggiunge: “Se vuol dire garantire a ciascun studente il percorso più adatto per lui è il solito trucco per offrire agli studenti più deboli un’istruzione più debole. Se invece significasse un’articolazione del curricolo in modo da garantire un minimo spazio di scelta legato agli interessi di ogni studente meriterebbe tutt’altro giudizio”.

Anna D’Auria, segretaria nazionale MCE, fornisce anche qualche dato: “In piena crisi democratica – (il 36% degli italiani alle ultime elezioni si è astenuto al voto; 109.725 abbandoni nella scuola secondaria dal 2017 al 2020; 9,7% di dispersione implicita nel 2021; i cretini che continuano a nascere nelle case dei poveri) – la personalizzazione dei piani di studio richiamata dal Ministro Valditara è un fuori luogo pedagogico e politico”.
“Parlare di personalizzazione, in assenza di un impegno politico e pedagogico nella direzione della rimozione degli ostacoli – spiega D’Auria – significa di fatto legittimare e aumentare le disuguaglianze a scuola, favorire quanti e quante hanno come unico talento quello di essere nati in una famiglia le cui risorse economiche e culturali ne sostengono meglio la crescita, le potenzialità intellettive, gli interessi”.

Riferendosi all’altra questione sollevata dal Ministro (l’articolazione della funzione docente), Beppe Bagni sottolinea: “Quando si parla di articolazione della funzione docente si dimentica che “docente” deriva dal participio presente del verbo latino ‘dòceo’, faccio sapere, insegno. Quindi la sua funzione è insegnare, qui e ora, non aver insegnato per poi ‘far carriera’. Il più alto livello della sua carriera è essere capace di ‘far sapere’, cioè saper insegnare”.
“Il Ministro – osserva sul punto la segretaria del MCE – dovrebbe occuparsi di garantire le condizioni strutturali e pedagogiche adeguate per raggiungere questi traguardi comuni, a partire dalla formazione degli insegnanti per l’attivazione di strategie didattiche individualizzate affinché ogni soggetto possa acquisire le competenze fondamentali del curricolo”.