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Pittoni: basta prof con stipendi da fame trasferiti lontano, ma svuotiamo GaE e graduatorie istituto

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Va bene per le supplenze, ma è finito il tempo del maestro o del docente che per essere immesso in ruolo si sposta in un’altra regione, anche a mille e più chilometri da casa.

Il fautore di questo nuovo modello di reclutamento del personale docente – differenziato tra precari e assunti a tempo indeterminato – è Mario Pittoni, responsabile Federale Istruzione della Lega Nord.

La Tecnica della Scuola lo ha intervistato, proprio per comprendere meglio i motivi di una proposta così radicale e innovativa. Che la Lega Nord promette di trasformare in legge, qualora gli italiani le permetteno di tornare al Governo con l’avvio della prossima legislatura (forse già a seguito di elezioni politiche da attuare all’inizio dell’estate).

 

Pittoni, perché insistete tanto sui concorsi e sulle assunzioni solo regionali?

Perché va affrontato alla radice il problema della discontinuità didattica, spesso all’origine del fallimento scolastico dei nostri ragazzi (uno scandalo ormai di proporzioni bibliche, tanto da arrivare a occupare due intere pagine del Corriere della Sera), prendendo atto che gli stipendi attuali non consentono più di gestire trasferte di centinaia di chilometri da dove si hanno affetti e interessi. Non a caso la scorsa legislatura la nostra proposta ha raccolto interessanti aperture delle parti sociali e, in particolare, la disponibilità all’approfondimento dei vertici di Cisl, Uil, Snals e Gilda. Solo la Cgil non si è espressa.

 

Siete sicuri che questo modello rispetti le norme costituzionali sui concorsi pubblici nazionali?

Prima del disegno di legge che abbiamo depositato nel 2010, tutti i progetti si arenavano sul riferimento alla residenza: qualcuno poteva essere tentato di porre il dubbio di costituzionalità. L’abbiamo allora sostituita con il “domicilio professionale” di ispirazione europea, che è indipendente dalla residenza. Si può infatti eleggere nella regione preferita in assoluta libertà e rappresenta pur sempre una scelta di vita.

 

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C’è chi ribatte che regionalizzando i concorsi si rischia di far convergere nella stessa regione tanti aspiranti docenti, mentre in altre a concorrere potrebbero ritrovarsi in pochi. Che dice?

Che è solo un fattore di equilibrio. Una volta chiarito che in ambito regionale il confronto è a pari condizioni, il candidato orienterà la scelta della regione dove concorrere, sulla base del proprio grado di preparazione, in rapporto alla qualità media degli altri iscritti e dei posti disponibili, innescando un meccanismo virtuoso ispirato ai principi del federalismo.

 

Ma una volta assunti, sempre secondo il vostro reclutamento, i docenti potrebbero chiedere di cambiare regione e quindi sperare con il tempo di avvicinarsi a casa?

Superate le criticità prodotte dal centralismo, cioè con numeri tornati a livelli fisiologici, forse non servirà neppure intervenire sui meccanismi che attualmente regolano lo spostamento degli insegnanti di ruolo. Mentre chi è ancora precario potrà sempre riposizionarsi.

 

Un’ultima domanda: se passa la delega della L. 107/15 su nuovi concorsi e formazione docenti, non pensa che sarà difficile scardinarla in breve tempo per il nuovo Governo?

C’è tutto il tempo per “tarare” il meccanismo dei concorsi. Prima dobbiamo infatti affrontare la cosiddetta “fase transitoria”, nella quale ci batteremo per stabilizzare – a partire dal sostegno – oltre agli insegnanti delle Graduatorie ad esaurimento, competenze ed esperienze presenti nelle graduatorie d’istituto.

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