
Secondo il rapporto “Il mismatch di qualifiche nel mercato del lavoro italiano”, realizzato da Area Studi Legacoop in collaborazione con Prometeia, e basato nell’ultima edizione della “Survey of Adult Skills (PIAAC)”, condotta dall’OCSE, per i quali nel 2022 un lavoratore italiano ha in media 12,6 anni di istruzione, contro gli 11,3 del 2011, ci sarebbe un disallineamento tra istruzione e mondo del lavoro, che poi si rifletterebbe sul salario.
Se infatti, nell’ultimo decennio, è cresciuto il livello medio di istruzione dei lavoratori, la domanda di lavoro, riporta Il Sole 24Ore, non sempre si è adeguata ad un’offerta con qualifiche più elevate, cosicché un numero significativo di lavoratori svolge mansioni non in linea con il proprio livello di istruzione, di competenze o di ambito di studi, con conseguente perdita salariale, considerando che ogni anno di studio oltre il livello richiesto dalla posizione lavorativa viene retribuito solo al 67% del suo valore reale.
Dunque, ci sarebbe una sovra-qualificazione, più diffusa tra i giovani e le donne, che non sarebbe accompagnato da una crescita equivalente negli anni di istruzione richiesti dalle imprese, e dunque si è assistito ad un incremento dei lavoratori sovra-qualificati, passati dal 7,8% nel 2011 al 12,7% nel 2022, mentre quelli non adeguatamente qualificati sono scesi dall’11,3% all’8,1 per cento, passando da una situazione in cui in Italia il livello di istruzione era mediamente adeguato alle mansioni svolte (2011), a una fase di eccesso di istruzione pari in media a 0,8 anni (2022). Soprattutto i più giovani svolgono ruoli che non rispecchiano il loro percorso formativo.
Nel primo trimestre del 2023 il tasso di posti vacanti nei settori caratterizzati da surplus di istruzione era del 2,3%, mentre negli altri settori e nelle costruzioni era pari rispettivamente all’1,9 e all’1,7%.
L’istruzione extra è remunerata, ma il rendimento marginale è più basso rispetto a quello dell’istruzione richiesta dalla posizione ricoperta.