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Precari, Pas per tutti e concorsi riservati: passa la linea Salvini-Pittoni, il ministro costretto a cambiare rotta

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Niente più corsi abilitanti, nemmeno concorsi riservati, spazio solo ai concorsi pubblici banditi su un numero di posti definiti a livello locale: a dirlo, all’inizio del 2019, era stato il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti.

Il no categorico del ministro

È giunta l’ora di “dare spazio ai giovani docenti: prima erano necessari tre anni per diventare insegnante, ora si vince il concorso e si entra in ruolo. Chi non lo vince ma non lo supera resta abilitato. Eliminiamo i corsi che erano un salasso e anche un impegno”, aveva detto Bussetti lo scorso gennaio.

Inoltre, aveva sottolineato il ministro, “chi supera il concorso, da abilitato, fa un anno di prova e entra in ruolo. I concorsi vengono banditi in base ai posti disponibili e sono nazionali”.

Il ripensamento

A distanza di cento giorni, le cose sono cambiate radicalmente. Anzi, si sono sovvertite.

La mattina del 24 maggio, nel giorno dell’antivigilia del rinnovo delle elezioni europee, lo stesso Bussetti ha annunciato “misure uniche e straordinarie per la stabilizzazione del precariato storico e sì a percorsi abilitanti aperti a tutti coloro che hanno acquisito adeguata esperienza, con selezione in uscita come nel 2013″.

Largo, quindi, a corsi di abilitazione aperti a tutti e a concorsi riservati per tutti coloro che hanno svolto 36 mesi di supplenze con titolo. Con possibilità di concorrere su due regioni diverse.

Ma quali elementi hanno indotto il ministro dell’Istruzione a cambiare totalmente rotta in così breve tempo su una faccenda annosa come quella del precariato, che tra l’altro risulta pure in crescita?

Certamente, ha influito non poco l’accordo dello scorso 24 aprile, quando il premier Giuseppe Conte ha sottoscritto con i sindacati un’intesa nella quale si è stabilito che chi insegna da più di 36 mesi avrebbe potuto contare su percorsi dedicati per l’immissione in ruolo.

Il probabile intervento di Salvini

Ma è anche vero che da quell’accordo è passato un mese. E alla Tecnica della Scuola non risulta che, in questi ultimi 30 giorni, il ministro si fosse convinto del tutto ad abdicare al concorsone come unico canale di reclutamento.

È probabile che a far cambiare idea al ministro – consigliando la strada dei concorsi riservati e dei corsi di abilitazione – sia stato allora Matteo Salvini: il vicepremier e leader del Carroccio, che sul fronte della scuola è sempre consigliato dal senatore Mario Pittoni, infatti potrebbe avere convinto il ministro a rivedere le sue posizioni.

E non solo per le imminenti elezioni che decideranno quali politici italiani rappresenteranno l’Italia nel Parlamento europeo.

Le ragioni oggettive

Ci sono anche delle ragioni oggettive che possono avere influito sul ripensamento: in questi ultimi mesi, infatti, anche per la messa in pratica dell’anticipo pensionistico Quota 100, il numero di cattedre vacanti è tornato a crescere. E a settembre si rischierà concretamente di vedere assegnate qualcosa come 150 mila supplenze annuali: una circostanza che avrebbe dato l’assist ad opposizioni e sindacati per attaccare il Governo.

In questo modo, invece, con il via libera a concorsi riservati e corsi abilitanti, dal Governo, ma anche dal Miur, si potrà giustamente dire che si la situazione della prossima estate sarà transitoria. In vista di un maxi piano di assunzioni da attuare nel 2020, con molti posti da assegnare ai riservati ai precari storici.