Home Attualità Prodi e i sindacati della scuola: botta e risposta

Prodi e i sindacati della scuola: botta e risposta

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Romano Prodi, interpellato sull’inizio dell’anno scolastico e accademico, a margine della presentazione del progetto per trasformare il nuovo padiglione della Fiera in uno spazio a servizio della scuola, in cui trovano posto 75 aule e 1.600 studenti di tre istituti bolognesi, aveva detto: “Il quadro che viene dato dai media in generale non è giusto, perché nel 90% dei casi si è riusciti a cominciare qualcosa di normale. 

Perché inquadrare solo il 10% che ha difficoltà o l’1% dei casi in cui ci sono stati dei problemi? È quello che mi sto chiedendo da ieri mattina. Non ripetiamo il crucifige che c’è stato all’inizio del Covid-19, con i giornali stranieri che adesso dicono: “Guardate questi italiani, che alla fine ci hanno insegnato qualcosa”.

Ma rivolto ai professori aveva pure aggiunto: “Chiedo ai prof che abbiano l’adattamento al singolo problema della loro classe, che è diversa da tutte le altre, che non aspettino di diventare standard. 

E ai sindacati: “Per favore, non cominciamo a creare tensioni in questo momento in cui il Paese deve recuperare la scuola. Abbiamo avuto troppi mesi di interruzione dalle lezioni. Date una mano ad andare in avanti, non iniziamo a minacciare prima che i problemi vengano affrontati”.

E i sindacati hanno prontamente risposto: “Conosciamo tutti l’onestà intellettuale e politica di Romano Prodi, per questo ci sorprende il suo appello ai sindacati ad evitare tensioni, forse indotto dalla convinzione – errata – che sia stato proclamato da noi uno sciopero di cui danno notizia oggi gli organi di informazione» affermano Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil scuola, Gilda e Snals in una nota congiunta. «Per la stessa onestà intellettuale che ci accomuna – precisano – vorremmo ricordare al presidente Prodi che le situazioni di difficoltà nel sistema dell’istruzione risalgono a ben prima della pandemia che le ha solo aggravate, e di parecchio. E’ un fatto che negli ultimi anni i governi hanno di volta in volta definanziato il sistema, hanno contribuito a deteriorare la percezione pubblica di coloro che nella scuola e nelle università lavorano, hanno trascinato verso il basso dignità e retribuzioni dei lavoratori della scuola, negando più volte il rinnovo dei contratti, e promuovendo l’immagine, soprattutto tra i giovani laureati, di una professione che non conviene più praticare”.