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Proposta di legge di iniziativa popolare sulla scuola: quasi un libro dei sogni

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Presentata nella mattinata del 14 luglio a Milano la prima bozza di legge di iniziativa popolare sulla scuola che porta a sintesi l’intenso dibattito sviluppatosi negli ultimi mesi all’interno del variegato movimento anti-morattiano.
La proposta si compone di 5 lunghi articoli dedicati rispettivamente alla definizione dei caratteri generali del sistema di istruzione, degli asili-nido, della scuola di base e della scuola superiore; il quinto e ultimo articolo, ancora provvisorio, fa l’elenco delle norme abrogate (ne fanno parte, ovviamente, tutte le leggi sulla scuola approvate dal 2002 in poi, ma anche diverse norme della precedente legislatura collegate con la definizione degli organici).
Contrariamente alla proposta avanzata il mese scorso dal Comitato fiorentino del “Tavolo Fermiamo la Moratti” che si limitava ad abrogare la legge 53 dando incarico ad una commissione di esperti di predisporre un nuovo testo normativo da sottoporre a consultazione nelle scuole, la bozza milanese è in realtà molto articolata e definisce in modo minuzioso persino aspetti organizzativi che attualmente sono demandati all’autonomia delle singole istituzioni scolastiche (per esempio la compresenza fra i docenti nella scuola di base).
A conti fatti la proposta più che delineare un diverso assetto culturale dell’intero sistema di istruzione si presenta come un insieme di rivendicazioni non si sa quanto concretamente realizzabili.
Si incomincia con gli asili-nido che non verrebbero più considerati servizi a domanda individuali ma come servizio rivolto alla collettività e aperto a tutti i bambini di età compresa fra i 3 mesi e i 3 anni.
Si passa poi all’obbligo di frequenza dell’ultimo anno di scuola dell’infanzia e alla ridefinizione degli attuali parametri previsti per la formazione delle classi: il tetto massimo viene fissato a 22 alunni, che per ogni alunno con handicap diminuisce di 3 unità.
Organici specifici anche per facilitare l’integrazione degli alunni stranieri: un insegnante in più ogni 5 alunni; ogni scuola avrebbe poi l’obbligo di attivare corsi di lingua specifici in modo da consentire a ciascun alunno di seguire per almeno un’ora alla settimana attività in lingua madre.
“Ci sarà anche chi obietterà – ammettono gli estensori della bozza – che abbiamo fatto un elenco di utopie che la situazione economica del paese non è in grado di sostenere”.
“Ma – precisano – è sempre meglio mirare alto, almeno in fase di dichiarazione d’intenti; ci sarà sempre il tempo poi per articolare la gradualità e la progressività di un percorso, una volta deciso dove si vuole arrivare”.
Nelle intenzioni dei promotori dell’iniziativa nei prossimi mesi la proposta dovrà essere discussa nelle scuole e poi sottoposta ai partiti che potrebbero utilizzarla per predisporre il proprio programma elettorale.