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Quando le visite fiscali possono diventare vessazioni

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La visita fiscale è un accertamento previsto dall’art. 5 della L. 300/70, predisposto dall’INPS o dal datore di lavoro per verificare l’effettivo stato di malattia del dipendente assente dal lavoro per motivi di salute. 
Per i dipendenti pubblici, l’articolo 16 della Legge 111/2011, elimina la precedente obbligatorietà dell’accertamento della malattia, che diventa a discrezione del dirigente ( nella scuola a discrezione del dirigente scolastico ) . Infatti, al comma 9 del sopra citato art 16 si dice “Le pubbliche amministrazioni dispongono per il controllo sulle assenze per malattia dei dipendenti valutando la condotta complessiva del dipendente e gli oneri connessi all’effettuazione della visita, tenendo conto dell’esigenza di contrastare e prevenire l’assenteismo.
 Il controllo è in ogni caso richiesto sin dal primo giorno quando l’assenza si verifica nelle giornate precedenti o successive a quelle non lavorative “. Non si procede alla visita fiscale nei confronti di quei dipendenti per i quali è stata già effettuata la visita fiscale per il periodo di prognosi indicato nel certificato, infatti, la visita fiscale non può essere prevista per due volte per lo stesso evento morboso, mentre ogni prolungamento della malattia può invece prevedere una successiva visita medica di controllo. Il lavoratore può rifiutare l’ingresso ai medici al di fuori dell’orario di reperibilità. 
Tale rifiuto non costituisce per il datore titolo per valutare ingiustificata l’assenza dal luogo di lavoro, né motivo per l’INPS di non pagare al lavoratore l’indennità di malattia. Una volta ricevuto la visita fiscale che conferma la prognosi il lavoratore non è più soggetto alle fasce di reperibilità per tutto il periodo della malattia. Ulteriori richieste di visite da parte dei datori di lavoro possono configurare il reato di vessazione. Un altro caso di possibile e ipotetica vessazione è quello della facoltà, da parte del Medico Fiscale di ridurre la prognosi del medico di base. Tuttavia, in caso di riduzione, se il certificato attestante la malattia è stato rilasciato al lavoratore in un ospedale o da uno specialista ed è corredato da relativa documentazione clinica, questo ha un valore maggiore del parere del medico dell’ASL.