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Quanto vale il merito per i Neet e gli abbandoni? E per i prof delle periferie urbane?

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Quanto vale il merito per le scuole di periferia e quelle di frontiera? E quanto vale il merito di fronte all’esercito, il più numerosi in Europa, degli alunni che abbandonano o si disperdono? Non è forse l’Italia la Nazione nella quale la percentuale di alunni sbandati e di Neet supera ogni altra nella Ue? Come pure lo scarso numero dei diplomati e dei laureati? Non siamo fra gli ultimi forse in Europa? E ancora, quanto vale il merito per quegli insegnanti che con discrezione e fatica portano avanti il loro impegno senza essere sotto i riflettori di nessuno? Chi si accorge di costoro? Chi si prende carico di insegnanti che con decoro, modestia e senza presentare progetti o chiedere finanziamenti all’interno dei progetti Pon e Por tirano la carretta in silenzio? E il merito non rischia di confondersi con la competizione che crea conflitti e disparità all’interno di una istituzione che invece ha bisogno di crescita armonica dentro cui le differenze sociali, culturali ed economiche vengano composte e comprese? Se non addirittura appianate? Chi e come verrà riconosciuto il merito di quegli umilissimi professori sulle barricate di scuole dentro quartieri violenti e degradati?  

Il tema è non solo complesso ma anche pericoloso, mentre sembra che l’insegnamento di Don Milani e della sua Scuola vada perdendosi dentro i meandri di una idea che vuole invece cogliere le differenze, le diversità, amplificandole, col rischio di creare una vera e propria gerarchia dove solo chi ha uno status più elevato può andare avanti e chi parte da una situazione di vantaggio allunga di conseguenza le distanze.

Da qui anche il paragone, caro al prete di Barbiana, con gli ospedali che curano i sani e respingono i malati, ma perdendo così gli ultimi che rimarranno sempre ultimi. Come la schiera dei ragazzi immigrati che frequentano le nostre scuole e che per un motivo o per l’altro vengono molto spesso discriminati e isolati. Si possono i loro meriti mettere sullo steso piano di chi è più fortunato? E si può mettere il merito di un ragazzo senza strumenti tecnologici e culturali a casa a confronto col compagno di opposta provenienza? 

Ci aspettiamo invece, dopo le tante denunce che vengono dal mondo della scuola, una maggiore attenzione sugli abbandoni, gravosi soprattutto nel Mezzogiorno dove aumentano le povertà e le disuguaglianze, mancano il lavoro e spesso perfino la copertura sociale. Ecco su quelli bisognerebbe puntare, per rimettere in moto quel famoso ascensore sociale inceppatosi negli ultimi anni dietro a una presunta supremazia di una scuola che prepara “sulla base del lavoro che si deve fare e di quanto si guadagnerà”. 

Lontana in ogni caso sembra l’idea di dare ai ragazzi strumenti sufficienti per apprezzare il bello, quello che dovrebbe salvare il mondo, come il principe Miškin nell’Idiota di Dostoevskij afferma, al di là della sua ambigua rilevanza.