Home Alunni Ragazzino paga il pizzo per essere protetto dai bulli

Ragazzino paga il pizzo per essere protetto dai bulli

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Il pizzo è un sistema malavitoso usato da decenni per ottenere protezione. Il termine, che non ha nulla a che fare con la foggia della barba che cresce sul mento, deriva dal becco a punta degli uccelli, chiamato pizzo in siciliano e che, come figura retorica, sarebbe la sineddoche dell’intero uccello al quale, per sopravvivere, è solo necessario bagnarsi il becco, il pizzo appunto. E dunque nel fraseologia mafiosa significa ottenere qualche briciola di nutrimento da chi ne possiede grandi quantità per non morire. “Bagnarsi il pizzo” vuol dire appunto attingere una minima parte da un contenitore molto grande e che per estensione ha il valore di godere a sbafo dei sacrifici degli altri. 

Chiedendo il pizzo si intima, generalmente a chi ha una attività commerciale, di partecipare ai suoi guadagni; rifiutandosi, il malcapitato perde l’asino e le carrube, cioè sia l’attività, l’asino, sia il sostentamento della bestia stessa, le carrube. Una metafora che dal punto di vista del delinquente, diventa un sistema di protezione a pagamento, per non avere danni e perdite peggiori.  

Attività pratica largamente dalla malavita, la protezione, pagando il pizzo, si starebbe estendendo anche tra i ragazzi, ma non per ottenere difesa in attività di profitto, più semplicemente per ottenere protezione da bulletti e non essere molestati. In altre parole, se un alunno non vuole più subire angherie dalla combriccola dei suoi seviziatori, basta che paghi  un guardaspalle e tutto torna normale. 

Tale obbligata scelta pare sia sta adottata da un diciassettenne che, per avere protezione dai compagni che lo perseguitavano, ha chiesto protezione a tre coetanei per essere scortato durante i suoi spostamenti. Una protezione pagata lautamente, a quanto è trapelato dai giornali che hanno attinta la notizia dopo la denuncia inoltrata dai genitori ai carabinieri. 

I tre body guard, in perfetto stile malavitoso, lo avrebbero costretto a versare somme ingenti, da 20mila fino a 100mila euro, come ipotizzano dai magistrati che hanno rinviato a giudizio il terzetto per circonvenzione di incapace.