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Scuola, malagiustizia e il “caso Tortora”

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Siamo la culla del diritto romano: riappropriamoci della nostra storia”: così la compagna di Enzo Tortora, Francesca Scopelliti, agli studenti del “Nobile-Amundsen” di Lauro (AV), nell’ambito delle iniziative volte a promuovere la lettura tra i giovani.

Il Liceo Scientifico e Musicale di Lauro “Nobile-Amundsen” ha partecipato, il 19 maggio 2017, all’interessante convegno organizzato dall’Amministrazione Comunale di Lauro (AV) e intitolato “Enzo Tortora, vittima della malagiustizia”.

L’evento, che si è tenuto nella Sala del Complesso San Filippo Neri (ex scuderie del medievale Castello Lancellotti), mostra ancora una volta la forte sinergia tra l’ente comunale e la scuola, come già in passato in occasione della presentazione del pamphlet di Geo Nocchetti “Gesù non aveva amici (e nemmeno una famiglia)”.

Stavolta si è discusso di “Lettere a Francesca”, il libro che raccoglie le missive inviate dal noto conduttore televisivo alla compagna Francesca Scopelliti, nel periodo della detenzione (giugno 1983/ gennaio 1984) .

Ha aperto il convegno il sindaco di Lauro, dott. Antonio Bossone, che ha fortemente voluto l’intitolazione di una strada del piccolo ma grazioso centro irpino a Tortora ed ha esortato i giovani a “essere ambasciatori di una giustizia giusta e di un garantismo totale, che protegga chiunque da decisioni altrui prive di analisi serie dei nostri comportamenti”.

A seguire, l’intervento dell’assessore alla Pubblica Istruzione del Comune, nonché dirigente dell’I.C. Pecorelli di Pago del Vallo di Lauro, Florisa Siniscalchi, che ha rivelato come la lettura del testo le abbia suscitato “commozione mista a un sentimento vergogna e rabbia” e ha espresso l’auspicio che “Lettere a Francesca” diventi “un testo obbligatorio per gli esami di Stato dei magistrati . Tortora, trattato come una bestia – ha aggiunto – non si è battuto tanto per il riconoscimento della sua non colpevolezza,quanto per denunciare lo strapotere di una giustizia non giusta che , attraverso pentiti mendaci, ha portato alla sua morte prima psicologica e poi fisica . I processi mediatici uccidono più di una fucilata!”.

E’ stata, quindi, la volta della dirigente scolastica dell’Isis Nobile-Amundsen di Lauro, Marina Petrucci, la quale si è soffermata, in particolare, sul passo di una lettera in cui il famoso conduttore di Portobello scriveva di aver trascorso il giorno di Natale leggendo L’asino d’oro di Apuleio. Nel romanzo che, come è noto, racconta le vicende di Lucio, prima trasformato in asino e che , alla fine, torna ad assumere sembianze umane, la Dirigente ha letto il messaggio che “forse bisogna soffrire per essere capaci di volare”.

Dopo aver affermato che “ognuno di noi può essere vittima della malagiustizia”, la Petrucci ha messo in guardia i giovani dalla “eventualità di diventare autori di comportamenti sbagliati che possano infliggere sofferenze agli altri”.

L’incipit del romanzo di Kafka “Il processo” ha fornito lo spunto per il successivo intervento dello scrittore Nino Grasso: “Qualcuno doveva aver calunniato Josef K., poiché un mattino, senza che avesse fatto nulla di male, egli fu arrestato … Basta solo cambiare il nome di Josef K. con quello di Enzo Tortora!”, ha aggiunto.

Ha, poi, ripercorso la storia del presentatore di Portobello, trasmissione televisiva che ogni venerdì sera, sulla Rete Due della Rai, inchiodava allo schermo una media di 20 milioni di telespettatori, antesignana dei programmi di successo della TV di oggi, come Chi l’ha visto, Carramba che sorpresa e Scommettiamo che?

Il caso Tortora può essere paragonato a quello di tante vittime della malagiustizia, con delle notevoli differenze, però: perché se Antonio Gramsci fu incarcerato per volontà dei fascisti, una ragione, almeno per i fascisti, c’era. Se Oscar Wilde fu imprigionato, lo fu per i suoi comportamenti ritenuti immorali, ma nel caso di Tortora non c’era veramente alcuna ragione”.

Queste le riflessioni di Grasso, che ha ricordato, inoltre, la battaglia di Tortora per il referendum sulla responsabilità civile dei giudici del 1986 e il desiderio che nella sua bara fossero posti soltanto gli occhiali e una copia della Storia della colonna infame di Manzoni (forse il più noto episodio storico di malagiustizia), con la prefazione di Leonardo Sciascia, a significare l’amore per la letteratura da lui considerata come una scialuppa di salvataggio.

Il direttore del Mattino, Alessandro Barbano, ha, invece, chiesto provocatoriamente alla platea giovanile presente quanti, tra di loro, fossero intenzionati a leggere il testo, invitando a farlo perché “Bisogna immaginare che anche le cose che non vi appartengono vi riguardano”e accostando, poi, le strazianti lettere di Tortora a quelle di Aldo Moro prigioniero delle BR.

Successivamente, Fabio Benigni, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Avellino, ha lamentato le carenze del sistema giudiziario italiano che ancora oggi penalizza i diritti umani e lede l’equilibrio psico- fisico delle persone coinvolte , richiamando il sottotitolo, ferocemente ironico, del libro “Solo i bimbi, i pazzi e i magistrati non rispondono dei loro crimini”.

L’intervento finale è stato quello di Francesca Scopelliti, la compagna di Tortora, che, insieme alla Fondazione Tortora e all’Unione delle Camere Penali Italiane, ha curato la pubblicazione del testo. “

Io non ho fiducia che le cose possano cambiare con noi, ha esordito Francesca. Credo fermamente, invece, che possano cambiare con la vostra generazione!”.

Dopo aver definito Enzo Tortora un grande uomo del Novecento, accostandolo a figure del calibro di Marthin Luther King e Gandhi, la Scopelliti ha ripercorso la vicenda umana del suo compagno, genovese di origini napoletane, studente brillante al Liceo Classico, con una particolare predilezione per la Lingua Greca, che traduceva all’impronta.

La passione per la letteratura l’ha sempre conservata, anche nei momenti più difficili: per esempio, quando era agli arresti domiciliari, gli piaceva ideare interviste ai grandi poeti del passato alle quali, poi, lui stesso si divertiva a rispondere”.

Molti gli aneddoti svelati dalla giornalista, per esempio quando Tortora, assunto in Rai, si rifiutò di dare in diretta la notizia della morte improvvisa di un noto calciatore perché convinto che “prima delle notizie ad effetto viene il rispetto del dolore di una madre”.

Licenziato dalla Rai per aver preso posizione contro quello che definì il “jet- set guidato da un gruppo di boy scout”, andò a lavorare in Svizzera e fu tra i primi a farsi promotore delle tv private anche in Italia, “figlio della Rai, ma anche padre delle Tv commerciali”.

Francesca ha spiegato anche il motivo per cui fu scelto il pappagallo quale emblema di Portobello: “Alla fine degli anni ’70 , ci fu l’avvento della televisione a colori … e allora, quale uccello meglio del pappagallo con la bombetta (Portobello è il nome di un celebre mercatino inglese dell’usato), con i suoi colori, poteva rappresentare meglio questa novità?”.

Gli studenti hanno appreso dal suo intervento che si trattò di una trasmissione veramente innovativa che, per esempio, permetteva gli incontri d’amore tra persone nella rubrica “Fiori d’arancio” in anni in cui la tv era piuttosto bigotta , invitava gli inventori a presentare le loro scoperte (alcune anche strampalate, come quella del genitore che ideò un letto basculante per fare in modo che, la mattina, il figlio si alzasse in orario per andare a scuola o quella dell’uomo che propose di tagliare il Monte Turchino per risolvere finalmente il problema della nebbia in Val Padana!).

È stato, quindi, ripercorso il calvario giudiziario del presentatore, accusato da 17 pentiti , tra cui uno originario delle nostre zone, noto per aver fatto una strage di impiegati al Comune di Liveri.

La Scopelliti ha definito kafkiana la vicenda del suo compagno “arrestato perchè il suo nome confuso con quello di un certo Tortona”, polemizzando contro il cosiddetto giornalismo antropofago di talune firme della stampa italiana dell’epoca, come Camilla Cederna e Lietta Tornabuoni, che, al grido di “Calunniate, calunniate,qualcosa resterà” e spalleggiate dai presunti “Maradona del diritto, alias i procuratori di Napoli”, distrussero in poco tempo la carriera e la persona di Enzo Tortora.

La sentenza di primo grado che giunse nel settembre dell’85 in realtà era già stata scritta al momento dell’arresto”, ha ricordato . Tortora accettò, poi, la candidatura al Parlamento Europeo nelle liste del Partito Radicale di Marco Pannella, che fu uno tra i primi a credere nella sua innocenza, ma all’unico scopo di fare della sua vicenda personale una bandiera della battaglia per i diritti umani, primo fra tutti il diritto alla giustizia.

Anche dopo l’assoluzione, l’accusa gli era rimasta dentro come una cicatrice. Era stata una bomba al cobalto che gli era scoppiata dentro e che da lì a poco lo avrebbe portato alla morte per cancro. Noi siamo la culla del diritto romano e dobbiamo riappropriarci della nostra storia e cultura perché ciò che è accaduto non avvenga mai più”: queste le parole conclusive di Francesca, accolte da un caloroso applauso della platea.