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Si chiude la vicenda delle ‘Pillole del sapere’: il fatto non costituisce reato

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Si è conclusa con un nulla di fatto la vicenda giudiziaria riguardante alcuni dirigenti del Miur, accusati di aver pilotato nel 2010 l’appalto delle ‘Pillole del sapere’: otto spot educativi di pochi minuti ciascuno, destinati alle scuole, pagati, per l’accusa, a peso d’oro. Anche 20mila euro, a fronte di prodotti multimediali dai costi molto più ridotti, tra 1.000 ed i 3.000 euro”.

“Non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato”, ha deciso il gup di Firenze, Tommaso Picazio, su richiesta del Pubblico Ministero.  Il procedimento era stato avviato dalla procura di Roma, alla luce di un dossier anonimo che faceva riferimento ad una presunta ‘cricca’ di dirigenti e consulenti del Miur che, in cambio di favori, avrebbe gestito ingenti somme di denaro agevolando aziende amiche con banda di gara ‘ad hoc’.

Tra le ditte agevolate, sempre per l’accusa, ci sarebbero state anche quelle produttrici delle ‘Pillole del sapere’, divenute note a seguito di un servizio-denuncia andato in onda su Rai Tre nel corso della trasmissione Report. Quel che fece scalpore, agli “occhi” dell’opinione pubblica, fu il fatto che nel servizio televisivo si parlava di possibili dirottamenti di ingenti fondi, comunitari e ordinari, verso determinate ditte produttrici, proprio mentre il Governo si preparava a tagliare fondi a scuola e istruzione per centinaia di milioni di euro.

 

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Ma a distanza di tre anni, il processo a carico dei tre funzionari pubblici accusati di irregolarità nella gestione dei fondi del ministero dell’Istruzione destinati alla ricerca e legati a prodotti didattici multimediali, si è concluso con un nulla di fatto: sono cadute, infatti, tutte la accuse di abuso d’ufficio nei confronti dell’ex capo del dipartimento Programmazione e gestione delle risorse del Miur, Giovanni Biondi, dell’ex direttore generale Massimo Zennaro e nei confronti del direttore dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica, Antonio Giunta La Spada.

“L’amarezza di questi anni non si cancella, ma almeno abbiamo ripristinato la verità”, ci ha detto uno degli ex dirigenti Miur accusati.

 

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