Smartphone a scuola, invece di agire sui genitori il Ministero complica la vita ai docenti: vietare non è educare. Intervista ad Angela Nava

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L’utilizzo degli smartphone e dei cellulari a scuola continua a fare discutere: soprattutto dopo che il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, alcuni mesi fa ha deciso di inviare agli istituti una argomentata circolare, con la quale ha disposto “il divieto di utilizzo in classe del telefono cellulare, anche a fini educativi e didattici, per gli alunni dalla scuola d’infanzia fino alla secondaria di primo grado, salvo i casi in cui lo stesso sia previsto dal Piano educativo individualizzato o dal Piano didattico personalizzato“. Secondo Angela Nava, presidente del Coordinamento Genitori Democratici, “Il covid ha introdotto nella scuola, per poter proseguire la didattica, l’uso di strumenti tecnologici e dello smartphone: ora, è ben difficile pensare a un divieto ministeriale del loro uso, perché complicherà soltanto la vita dei docenti preposti al controllo e al tempo stesso non sarà assolutamente compresa”. Secondo Nava, piuttosto, dovrebbero essere “i genitori ad essere formati all’uso e al contenimento della nuova strumentazione”.

C’è poi da ricordare che “con i fondi del Pnrr sono stati investiti nelle scuole soldi tecnologia in strumentazione: come si fa a dire ai nostri ragazzi che c’è un dentro e un fuori, che c’è un mood giusto e uno sbagliato: credo che un grande lavoro di formazione spetti anche alla scuola, proprio nei confronti dei primi educatori che sono i genitori”.

“E il divieto – continua Nava – non è compreso neppure dalle famiglie, per le quali lo smartphone, il cellulare diciamo così, è il ‘guinzaglio elettronico’: credono che dia la possibilità di controllo e di relazione a distanza con i figli. Ecco, su tutto questo si deve intervenire, su questa cultura che è penetrata e che non si può pensare di tornare indietro con una norma”.

Secondo la presidente del Coordinamento Genitori Democratici, quindi, “bisogna in qualche modo incidere proprio sulle abitudini e sulla cultura delle famiglie stesse che hanno accompagnato l’uso del cellulare, il cui divieto sarebbe incomprensibile”.

“Se fossi un’insegnante? Sarei disperata sarei disperata e soprattutto sopraffatta dal senso di responsabilità. Se dovessi ‘beccare’ l’alunno col cellulare cosa farei? Lo sanziono, lo porto dal preside? Chiamo la famiglia? Sapendo che vado incontro comunque a dei conflitti inenarrabili, penso che userei la tecnica di non vedo, non sento, non so nulla”, conclude Nava.