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Smartphone-mania, i genitori non guardano più i figli nemmeno mentre fanno il bagno al mare? Sotto accusa le scuole

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La mania dello Smartphone, per navigare su internet o consultare Facebook, colpisce non solo gli alunni. Anche i genitori non riescono più a farne a meno. Sottraendosi al loro ruolo non solo di educatori, ma anche di sorveglianti nelle circostanze di pericolo per i figli. Come quella che si crea quando un bambino è nell’acqua.

Ogni anno in Italia muoiono 400 persone per annegamento

A sostenerlo è stata la Deutsche Lebens-Rettungs-Gesellschaft, l’associazione dei bagnini tedeschi, dopo che in Germania sono morte quest’anno 300 persone, fra cui diversi giovanissimi.

“Troppi bambini annegano in piscina o in spiaggia perché i genitori sono ossessionati dallo Smartphone”, ha scritto l’Ansa il 17 agosto riassumendo il concetto.

Il fenomeno potrebbe riguardare anche l’Italia, dove, secondo gli ultimi dati nazionali forniti dall’Istituto superiore di sanità, muoiono annegate circa 400 persone l’anno, tra cui una decina di bambini. Tra questi, adulti e bambini, va anche però detto che la maggior parte sono stranieri.

Quelle persone che considerano le piscine come degli asili

Secondo il Guardian, ci sarebbe quindi un legame diretto tra morti e abuso del telefonino.

“Troppo pochi genitori e nonni seguono l’indicazione di mettere via il telefonino quando i bimbi sono in acqua – spiegano gli esperti -. Vediamo tutti i giorni persone che considerano le piscine come un asilo e semplicemente non fanno attenzione”.

Il pensiero dei bagnini tedeschi

I bagnini tedeschi hanno fatto notare che parte della responsabilità è anche della scarsità di piscine pubbliche a causa dei tagli. Un’altra causa che andrebbe ad incentivare l’alto numero di annegamenti tra i bambini è il fatto che spesso entrambi i genitori lavorano, e non possono accompagnare in piscina i figli.

Sotto accusa, però, è finita anche la scuola, dove non si attivano corsi di nuoto obbligatori.

In Italia in poche scuole si fanno corsi di nuoto

Tale possibilità risulta residua anche in Italia: solo qualche istituto secondario, quasi sempre di secondo grado, attiva delle convenzioni con delle piscine, se collocate a ridosso delle strutture scolastiche: in tali casi, le due ore di educazione fisica vengono dedicate al nuoto, con una spesa quasi sempre minima da parte degli studenti. Purtroppo, però, sono situazioni virtuose davvero sporadiche.

Ma perchè si chiede sempre tutto alla scuola?

Alcune domande sorgono tuttavia spontanee: perché non pensare di educare gli adulti, le famiglie, i genitori, ad un uso consapevole e più civile dello Smartphone? Perché si indica sempre la scuola come “colpevole”, ora pure perché non organizza corsi di nuoto, senza cercare di ricondurre tutto al buon senso e ai veri responsabili? Sarebbe utile avere una risposta, magari dai bagnini tedeschi.