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Stefania Giannini, politico di razza

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Di Stefania Giannini si può dire di tutto ma bisogna onestamente ammettere che ha la stoffa del politico di razza.
Intanto c’è una prima considerazione da fare: era dai tempi ormai biblici del pentapartito degli anni ’80 che non accadeva che un partitino con l’uno per cento dei voti o poco più sedesse in Consiglio dei Ministri. I non più giovanissimi ricordano bene quando il Partito socialdemocratico, con il 3-4 per cento dei voti aveva i suoi due bei ministri e qualche sottosegretario in base alla considerazione che il voto dei deputati del PSDI era determinante in parlamento. E quando Spadolini del Partito repubblicano (3% dei voti, 16 deputati e 6 senatori) diventò Presidente del Consiglio?
Insomma, bisognava essere politici di razza per avere più potere di chi, come il Partito comunista, aveva invece il 30% dei voti.
Ma ci sono anche altri elementi che fanno capire che Giannini è un ottimo politico.
Nel giro di una settimana è riuscita niente meno che a raccogliere applausi sia al meeting di Rimini di Comunione e Liberazione sia alla Festa dell’Unità.
Come ha fatto? Facilissimo.
A Rimini ha detto in sostanza: “La scuola paritaria fa parte del sistema pubblico e quindi va sostenuta e adeguatamente finanziata”.
Poi è passata da Bologna e ha dichiarato senza nessun timore di smentita: Gli organici dei docenti sono sottodimensionati, ci vogliono più insegnanti”.
Ovviamente né a Rimini né a Bologna ha spiegato quale provvedimento è più urgente: aumentare i finanziamenti alle paritarie o incrementare gli organici? 
Questo vuol dire appunto essere grandi politici: dare ragione a tutti e non dare risposta a nessuno.