
Una vera e propria strage quella che si è consumata a Monreale, nel palermitano. A perdere la vita, per futilissimi motivi, tre ragazzi, due 26enni e un 23enne, in seguito ad una sparatoria. A confessare è stato un giovanissimo, un 19enne di Palermo.
La ricostruzione dei fatti
La miccia? Un banalissimo rimprovero per come alcuni ragazzi scorrazzavano in sella ai loro scooter. “Ma che fate? Come cavolo guidate?”. Da qui, come riporta Il Corriere della Sera, il far west. Ad esplodere sono stati ben diciotto colpi. A rimanere feriti due passanti di 33 e 16 anni.
Dopo i primi colpi di pistola è stato il panico totale, con gente che scappava in tutte le direzioni. Chi si buttava a terra, chi si riparava dietro le auto in sosta. Fino a quando la sequenza di colpi di pistola non si è placata. “Ne abbiamo sentiti talmente tanti — ha raccontato qualche testimone — che li abbiamo scambiati per dei mortaretti”.
Almeno uno dei presunti responsabili della sparatoria è già stato individuato. Ieri, 27 aprile, è stato trattenuto e interrogato per ore. E a tarda sera è stato fermato e trasferito in carcere. Si tratta di un 19enne dello Zen, con piccoli precedenti, nei cui confronti ora sono state formulate le accuse di strage, porto abusivo e detenzione illegale di arma da fuoco. I Carabinieri sarebbero sulle tracce anche degli altri quattro componenti del gruppo di fuoco.
Una cultura intrisa di violenza
Il prefetto di Palermo, Massimo Mariani, ad Adnkronos, definisce “aberrante” la rissa sfociata in sparatoria. Ai cittadini che parlano di un “allarme sicurezza”, il Prefetto replica: “Più che di un allarme sicurezza, parlerei di un allarme sul piano socio-educativo, che impone a tutti noi una riflessione sulla situazione in cui versano troppi giovani che, come confermato purtroppo dal drammatico episodio di Monreale, così come dai tanti fatti di cronaca che si verificano in altre parti del nostro Paese, fanno sempre più ricorso alla violenza più insensata, in una spirale davvero impressionante. Credo che siano necessari interventi incisivi per strappare questi giovani a un modo di intendere la vita e i rapporti umani barbaro e aberrante”.
Quanto conta l’educazione?
Purtroppo sono molti i giovanissimi che crescono con un vero e proprio mito della pistola, soprattutto in contesti in cui la cultura non fa da contraltare. Tornano alla mente le parole della docente palermitana che ha fatto una riflessione sul ruolo della comunità educante all’indomani dello stupro di Palermo del 2023.
“Sono molto delusa da come vanno le cose nei giovani. Ho l’obbligo, visto che sono un’insegnante, di fare un appello a tutti i genitori, mi ci metto anche io. Dobbiamo essere caricati a pallettoni, avere energie da spendere, da dare, per educare. Non sono energie a fondo perduto. Ho l’obbligo di dirvi la verità in faccia, visto che siete disabituati alla verità e talmente assueffatti all’ipocrisi che la verità non la volete sentire nemmeno dalla vostra coscienza”.
“Siete un branco di falliti, siamo un branco di falliti. I nostri figli violentano le ragazzine, qualcosa è andato male negli anni. Inutile che dite che non riguarda i vostri figli. No, tu tuo figlio non lo conosci. Inutile che ti offendi, lo dico per aprirti gli occhi. La violenza sta anche nel fatto che molti ragazzi sono convinti di fare delle bravate e in quanto giovani possono fare ciò che vogliono”.
“Siamo in emergenza sociale: e ciò non riguarda il caro benzina o il reddito di cittadinanza, è un’emergenza educativa. Se succedono questi episodi tutti siamo falliti. Non funzioni come padre, come madre, come struttura sociale. Siamo falliti. Se non condividete siete corresponsabili di tutti quei genitori ed educatori che preferiscono girarsi dall’altra parte perché il problema non è il loro”.