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Studenti che aggrediscono i docenti, anche Carducci si prese un pugno da un allievo

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La grave situazione di alcune scuole italiane (e non solo) è giornalmente sotto gli occhi di tutti: allievi che aggrediscono verbalmente e fisicamente i professori, a volte anche con conseguenze gravi.
Episodi dai quali non è immune neanche l’ambiente universitario.
Un fenomeno moderno? No, capitava già in passato: basta leggere le imprese del terribile Franti narrate nel libro Cuore. Anche Giosuè Carducci, quando insegnava retorica all’università di Bologna, si prese un pugno da un suo studente.
E nonostante la certezza della pena allora vigente e in virtù della quale l’aggressore sarebbe stato espulso senza tanti complimenti, il grande poeta non volle denunciare. Si punta il dito contro la famiglia, prima agenzia educativa e a volte purtroppo diseducativa. 
Ma la colpa non è sempre della famiglia. Sono stato insegnante, quindi di famiglie ne ho conosciute parecchie, e vi posso dire che molti giovani hanno genitori ottimi, genitori con la “G” maiuscola, che tentano di trasmettere ai propri figli valori sani.
Eppure con certi soggetti non si ottiene nulla né con le buone né con le cattive, padre e madre sono disperati e non sanno più che pesci prendere, non sanno come gestire figli la cui problematicità peraltro non si ferma certo alla scuola, ma si estende a tutti gli altri aspetti della vita sociale.
Morale: anche un’ottima famiglia può fallire. Cosa fare in questi casi in cui tutto fallisce? Quand’ero bambino io (anni ’60) al catechismo ci spiegavano che è tutta colpa del peccato originale, attraverso cui il diavolo compie la sua opera malefica e quindi il “rimedio” sono la preghiera, i sacramenti, l’osservanza religiosa.
Ma oggi, in un mondo sempre più laicizzato, questa risposta suona ingenua e semplicistica.
Né, personalmente, credo troppo a certe ricette pseudopedagogiche che predicano comprensione totale e punizione zero.
Forse occorrerebbe – come disse tempo fa un politico britannico – capire un po’ di meno e castigare un po’ di più, giusto perché chi sbaglia comprenda che i suoi errori hanno delle conseguenze, conseguenze che si pagano di tasca propria.

Daniele Orla