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Studiare storia? Con l’utilizzo del digitale lo studio della materia è più coinvolgente e l’apprendimento più attivo

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L’uso uso delle tecnologie nella didattica della storia non è nuovo, ma oggi il digitale può fare veramente la differenza, consentendo di vedere il passato in modi nuovi e aiutandoci a capire come viene creata la storia.

La lunga querelle tra storia e digitale

Secondo recenti ricerche per comprendere le informazioni presentate durante le lezioni di storia, gli alunni devono formarsi un’idea di quale sia l’evento a cui tali informazioni sono connesse. Quando l’insegnante tenta di superare il convincimento degli alunni che i fatti storici sono legati essenzialmente alle azioni degli individui e quindi serve analizzare un evento storico nel suo insieme, la comprensione reciproca tra insegnante e allievo crolla. Una delle possibili vie di uscita per potenziare l’interesse verso questa disciplina è proprio l’utilizzo delle tecnologie digitali.

Nonostante il connubio tra storia e le tecnologie digitali sia ormai decennale ci sono ancora molte correnti di pensiero di studiosi che resistono alla tentazione di avvalersi di strumenti nuovi non ravvedendo i benefici verso questa materia, mentre altri come ad esempio (Kee, 2014), invece, “sostengono che studiare la storia utilizzando risorse digitali aiuta a pensare al passato in modi nuovi; attraverso la rappresentazione dei concetti in chiave digitale la comprensione del passato viene re-immaginata e nuovamente sviluppata” (fonte Agenda digitale) . Per gli studenti, lavorare sulle fonti dirette può significare colmare proprio quel gap, ovvero ricongiungere il livello personale con quello sociale.

Un’altra delle critiche mosse dagli esperti è “che la documentazione digitale ha un certo numero di caratteristiche delle quali bisogna tener conto, come, ad esempio, la perdita di autenticità. Inoltre, mentre il materiale analogico ha una sua consistenza tangibile, il materiale digitale può essere born digital, oppure una scansione del materiale analogico, cioè, come è stato definito nel dibattito tra medievisti, una metasource o metafonte. Nel passaggio al digitale e nei passaggi ulteriori del materiale digitalizzato, si ha una inevitabile perdita di integrità”(fonte Novecento.org).

Altro beneficio, invece, della tecnologia a supporto della storia è quello di vedere il passato in modo nuovo perché ci consente di capire come viene creata la storia, apprezzandone ancora di più il contributo della ricerca e dell’insegnamento. La digitalizzazione dei materiali storici, per esempio, permette un contatto più diretto con le testimonianze e i documenti con il risultato di poter puntare a plasmare un pensiero storico che permette di andare a fondo nella comprensione delle varie dinamiche innescate e delle persone coinvolte.

Il boom dei musei digitali

Per questi motivi uno dei fenomeni maggiormente sviluppatosi negli ultimi anni è quello della crescita massiccia dei musei digitali, centri scientifici, gallerie tecnologiche e siti web interattivi a carattere storico.

Già nel 2002 il numero di visitatori virtuali di musei online aveva superato il numero di visitatori in presenza (Hawkey, 2004).

Questo fenomeno dovrebbe rappresentare un segnale importante di necessità di cambiamento nella didattica scolastica e nell’approccio allo studio di questa materia. Come il digitale ha rappresentato un modo nuovo distintivo ed apprezzato modo di fruire dei musei perché non può diventare un modo nuovo per far studiare la storia agli studenti? Come le diverse forme di apprendimento (in classe, nel museo, online) possono integrarsi e arricchirsi mutualmente?

Il progetto “ImparaLoop”

Un esempio che va in questa direzione è il progetto “ImparaLoop” promosso dalla Fondazione Nuto Revelli Onlus di Cuneo in collaborazione con l’Associazione Collaborative Knowledge Building Group (CKBG) l’Istituto storico della Resistenza e della Società contemporanea in Cuneo e Provincia “Dante Livio Bianco” e la start-up Nuvolari di Torino

La Fondazione Nuto Revelli, che custodisce e valorizza l’archivio storico dello scrittore cuneese che fu alpino in Russia, partigiano e ricercatore della memoria contadina, ha attivo dal 2006 un Laboratorio Didattico Territoriale e collabora nei progetti di sperimentazione digitale con l’Istituto Storico della Resistenza di Cuneo, ente accreditato MIUR. ll museo contiene la digitalizzazione di fonti primarie quali lettere, video, audio, foto, raccolte e prodotte dai diretti testimoni del periodo della Resistenza e anche successivamente. In particolare, i documenti sono stati organizzati lungo una linea temporale rappresentata digitalmente e sono consultabili attraverso domande predefinite e cliccabili che conducono direttamente all’informazione pertinente alla domanda selezionata.

Il progetto è sostenuto, infatti, dalla Fondazione CRC nell’ambito del bando Fuori Orario, che sollecitava gli enti culturali del cuneese a immaginare progettualità in cui i luoghi della Cultura del territorio potessero coltivare il rapporto con studenti o famiglie con bambini attraverso l’uso di tecnologie digitali innovative.

Il museo si trova in un posto speciale. Si tratta di una borgata alpina situata a 1.360 metri sul livello del mare nel comune di Rittana, in provincia di Cuneo, in Valle Stura. La Borgata ha accolto per secoli pastori e greggi e durante la Resistenza, è stata un rifugio sicuro per circa 200 ventenni che da contadini, studenti, artigiani di ogni parte d’Italia, si sono trasformati in partigiani e sono scesi a valle a lottare per la liberazione dell’Italia dal nazifascismo.

L’obiettivo di questo interessante progetto è quello di far in modo che i contenuti esposti nel museo diventino più efficaci grazie alla loro fruizione in loco, ovvero nei luoghi in cui la maggior parte degli eventi narrativi sono effettivamente avvenuti. Agli studenti è richiesto di riportare in classe l’esperienza vissuta durante la visita alla borgata e al museo, per ulteriori riflessioni e approfondimenti finalizzati alla costruzione di un oggetto significativo.

Il risultato della combinazione fra visita al luogo di memoria e uso di tecnologie innovative per la ricerca e rielaborazione del materiale d’archivio favorisce l’apprendimento attivo da parte dei ragazzi che, proprio come giovani ricercatori, potranno diventare essi stessi produttori di contenuti mediali significativi e utili alla comunità più estesa.