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Studio latino per conoscere le nostre radici, Liceo classico calabrese presenta un calendario 2022

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Al liceo classico “Francesco Fiorentino” di Lamezia Terme (CZ) ha preso vita un Calendario in lingua latina per l’anno 2022 per fare capire l’importanza e l’attualità della lingua latina anche ai tempi nostri.

Latino non è lingua morta

Il progetto del calendario 2022 in lingua latina è una produzione co-creativa, che ha visto studenti interagire tra loro, sotto la guida dei professori Lia Rizzuto, Maria Chieffallo e Francesco Polopoli. «La lingua latina» – sostiene Polopoli – «ci parla delle nostre origini, di ciò che è stato e ancora è.  Del resto basta fare due passi nel proprio territorio, per ritrovare, in un Museo dilatato a cielo aperto, non poche iscrizioni nella lingua di Roma aeterna. Proprio per questo motivo non possiamo definirla morta, perché al contrario, fortunatamente, sopravvive». Da qui la speranza di una rifioritura delle nostre memorie antiche: «se tagliamo i legami col passato» – dice in una nota il dirigente Nicolantonio Cutuli – «si corre il rischio di perdere le nostre radici e non c’è formazione alcuna nello sradicamento».

Tra latino e matematica

Il progetto, curvato su tre classi del triennio, sez. A, del liceo classico “Francesco Fiorentino” di Lamezia Terme, ha visto relazionare, in tandem, competenze logico-matematiche ed espressivo-linguistiche: del resto, il criterio con cui è stato strutturato l’ordine decrescente nel Calendario è il metro sintattico di discipline assai vicine e pregiudizialmente distanti. Al riguardo, facendo un salto pindarico, il matematico André Weil, nei “Ricordi d’apprendistato” (cfr. Weil 1994), rammemorava un insegnante di grammatica particolarmente originale, che aveva adottato per l’analisi morfologica una notazione di tipo algebrico: una notizia curiosa che fa intendere come le operazioni possano ben rimare con declinazioni e coniugazioni. Impegno, quest’ultimo, calendarizzato dalla comunità liceale del lametino grazie ad un vivaio di gioventù nutrito di curiosità e del senso più nobile dell’humanitas. Flos, latino da favola, quindi, come quella felice intuizione dell’aquilana Roberta Magnante Trecco, con cui Polopoli ebbe modo di condividerne l’anima della narrazione nel 2010.