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Sul Concorso docenti il Miur chieda scusa

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Neanche pochi mesi or sono l’attuale ministro dell’istruzione annunciava grandi cose per il futuro della scuola italiana, elargendo a piene maniche rosee prospettive a chi di precariato, anno dopo anno, lentamente muore. A febbraio, in commissione al Senato Stefania Giannini annunciava infatti “l’assuzione di 63.712 docenti per la scuola dell’infanzia, per la primaria e secondaria di primo e secondo grado”, oltre che per il sostegno. Proseguiva poi dichiarando orgogliosamente che “con questo piano assunzione saranno coperti tutti i posti vacanti”, non dimenticandosi certo di puntualizzare che quei numeri erano stati determinati “secondo alcuni criteri, tra cui l’effettiva necessità di insegnanti nei vari territori anche per quel che riguarda i posti per i docenti di sostegno”.

 

Tutti a fare il concorso dunque, tra mille difficoltà e tanta, tanta fatica. Tutti insegnanti già ampiamente abilitati alla professione docente, tutti nel pieno dell’anno e dello stress lavorativo, molte madri o padri di famiglia, tanti storici fuori sede e tantissimi storici precari della scuola pubblica italiana. Un esercito di insegnanti a tempo determinato si è sottoposto alle due, e per alcune discipline tre, prove del concorso a cattedra 2016, per scoprire presto l’amara verità che si andava celando dietro i faraonici numeri propagandisticamente annunciati dal Miur: la generalizzata, quantomeno apparente, volontà delle commissioni giudicatrici, su scala nazionale, di falcidiare più gente possibile. Non si spiegherebbe altrimenti la media nazionale del 70% di bocciati, con picchi del 100%, già a partire  dalla prima prova, il famoso scritto computer based con domande il più delle volte sproporzionate per il tempo di risposta concesso (appena 18 minuti a domanda).

 

Bocciature, è il caso di rammentarlo, tutte a carico di docenti con anni e anni di servizio alle spalle, tutti, amiamo ribadirlo, già abilitati e molti dei quali, i TFA, già ampiamente selezionati in un vero e proprio concorso pubblico strutturato su tre prove, la prima delle quali di carattere nazionale e redatta dallo stesso Miur. Un record storico, un così alto tasso di bocciati tale da indurre il Prof. Fabio Bocci dell’Università di Roma Tre a pubblicare una provocatoria lettera aperta indirizzata al ministro Giannini: “Questi candidati sono stati selezionati sulla base di una selezione pubblica di accesso con tre step (…) Ci stiamo dicendo, cara ministra, che questi candidati che abbiamo così attentamente selezionato (voi ministero e noi università) per farli accedere al Tfa sono stati selezionati male? Se così non fosse qualcosa non torna. Perché o erano ‘brocchi’ (come sembra emergere dalle bocciature al concorso) e quindi abbiamo sbagliato (prima voi e poi noi) ad ammetterli, oppure, se non erano brocchi (perché voi e noi abbiamo fatto le cose per bene), lo sono per forza di cose diventati durante, nel mentre, ossia a causa della formazione ricevuta”.

 

A fine concorso, espletate insomma tutte le prove previste, il numero dei vincitori si è confermato essere eufemisticamente esiguo: in Puglia, per la classe di inglese, su 126 posti banditi appena la metà, 68, sono risultati vincitori; per la classe di sostegno nel Lazio, su 149 posti banditi, meno della metà, 69, sono riusciti a passare; in Calabria, per la classe di filosofia, su 10 posti banditi nessuno candidato è stato ammesso all’orale, un primato (il famoso, summenzionato 100% dei bocciati) che la Calabria ha condiviso con la Liguria, dove sempre per filosofia una sola candidata è stata ammessa all’orale. L’elenco del paradossale è lunghissimo, ma basti dire che per intere classi di concorso, su scala nazionale, quasinessun candidato ha superato lo scritto: caso strano mai verificatosi prima e, amiamo ribadirlo, a carico della classe docente più titolata, formata e preparata dell’intera storia repubblicana.

 

Ma facciamo ora posto ad altri numeri, anch’essi terrificanti: quello delle assunzioni prospettate per il corrente anno scolastico. Giusto qualche esempio: 0 saranno le assunzioni per la classe di sostegno nel Lazio, 0 quelle per geografia in Sardegna, 2 (su 259 posti messi a bando) per matematica in Campania, 0 per arte alle scuole superiori in Toscana, 3 per la classe di inglese in Puglia e ancora 0 per chimica in Calabria. Anche qui la lista degli zero sarebbe molto, troppo lunga, ed è perciò il caso di focalizzarsi su un’altra questione, annosa e offensiva tanto quanto le precedenti. Gli esigui vincitori di questo concorso a cattedra saranno i primi nella storia della pubblica istruzione italiana a possedere un titolo con data di scadenza: se entro l’a.s. 2018/2019 non verranno assunti a tempo indeterminato, ottenendo così il ruolo raggiunto tramite concorso, potranno dire addio al diritto acquisito, e visti i numeri delle assunzioni correnti le cose non si mettono granché bene.

 

Come infatti recita a chiare lettere il testo di legge detto eufemisticamente Buona Scuola (Legge 107/2015), le graduatorie concorsuali “hanno validità triennale (…) e perdono efficacia con la pubblicazione delle graduatorie del concorso successivo e comunque alla scadenza del predetto triennio”. Una vera e propria spada di Damocle quella che pende sulla testa dei vincitori del concorso a cattedra 2016, che a fronte delle scarsissime assunzioni correnti sembrano chiedersi: “Ce la faranno mai ad assumerci tutti in tre anni?”.

 

La data di scadenza apposta sul titolo conseguito non è poi l’unica amara novità di questo concorso a cattedra, in quanto per la prima volta in assoluto, come denuncia la candidata Irene Carputo, oltre il 10% dei posti messi a bando, i candidati idonei non verranno considerati tali: “Non è giusto ci siano idonei di serie A (quelli del 10%, NdR) e di serie B (extra 10%), idonei fantasma che magari non rientrano in Graduatoria Ministeriale (quella risultante dal concorso, NdR) per un soffio e il cui nome non viene neanche preso in considerazione da molti Uffici Scolastici Regionali, senza avere quindi la possibilità di verificare i propri punteggi e segnalare eventuali errori. Idoneo è colui che ha superato un concorso (nel caso degli abilitati TFA, due) e non può essere considerato al pari di chi non ha partecipato o chi, purtroppo, non lo ha superato”.

 

Un concorso concepito male ed epilogato peggio, una pubblica procedura selettiva con commissioni giudicatrici composte “da persone non competenti, che non hanno la nostra formazione, persone gia’ in pensione, gente che non insegna la materia da una decina di anni” afferma Catherine Del Beato, candidata al concorso a cattedra come anche Francesca Cusarano, che fa notare come “Il Miur dovrebbe chiedere scusa a tutti i tieffini(abilitati TFA, NdR) che già avevano sperimentato un vero concorso. Inoltre, non dimentichiamo i tempi di pubblicazione del bando, slittato per qualche mese e che, di conseguenza,  ha portato a preparare questo concorso in un tempo ristrettissimo, in pieno anno scolastico. Ancora: il tipo di prova scritta computer-based da effettuare in 150 minuti su argomenti che richiedevano un approfondimento e una considerazione ben maggiori. E dulcis in fundo non possiamo trascurare questa ‘fantastica’ sorpresa che molti vincitori di questo concorso problematico si sono ritrovati dopo il superamento della prova orale: l’assenza quasi totale dei posti disponibili per questo anno scolastico”.

 

Ai problemi e alle storture di carattere organizzativo, gestionale e amministrativo di questo concorso a cattedra si aggiungono i folli spostamenti ai quali il MIUR ha costretto migliaia e migliaia di docenti, come denuncia il candidato calabrese Rosario Raffaele: “Il MIUR mi ha costretto ad andare una volta a Vercelli, due a Palermo e una a Modica, a concorrere per posti inesistenti e affrontando prove che si sarebbero potute svolgere tranquillamente in Calabria. Intanto però, io come tanti altri colleghi, ho dovuto spendere fior di quattrini in viaggi, pernottamenti e pasti che il Miur non ci restituirà”. Un ministero, quello dell’istruzione, che nel bando del concorso aveva annunciato la pubblicazione, da farsi prima della prova scritta, dellegriglie di valutazione, e che poi, per non si sa quali problemi, non ha mai effettuato, lasciando che ogni singola regione pubblicasse le proprie con una conseguente, notevole, discrepanza di giudizio da regione a regione: “Questo – come ricorda Paola Capozzi, anch’essa candidata al concorso – in alcuni casi ha creato delle valutazioni ingiuste e non rispettose della reale preparazione dei candidati. Le griglie non possono essere regionali in un concorso definito nazionale!”. 

 

Ecco così delineati i tratti generali di un concorso dal quale, avendo tutti i partecipanti già ampiamente dimostrato, in diverse occasioni, le proprie conoscenze, abilità e competenze, l’unico a uscirne veramente bocciato, a detta di tutti, è l’ente che lo ha indetto, il MIUR, che oggi avrebbe mille motivi per chiedere scusa all’intera classe docente italiana (magari con un tocco di cenere sul capo).

 

Dal blog di Fabrizio Basciano

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