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Tabagismo minorile: Italia prima in Europa. Produzione di tabacco: Italia prima in Europa

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È “normale” che un minorenne fumi? E che lo faccia a scuola? Tra le tante assurdità considerate “normali” solo in Italia, questa è una delle più assurde. Certo, in tutta Europa gli adolescenti fumano: tuttavia in Italia lo fanno di più (e spesso a scuola, in bagni e cortili).

In Europa sono almeno quattro milioni i fumatori di 13-15 anni; 38 milioni nel mondo, ossia il 10% del totale. Nella Penisola, però, la percentuale sale al 30%: praticamente sette o otto in ogni classe. Superiamo, in questa edificante statistica, quasi tutti i Paesi europei; anzi, probabilmente tutti, come scriveva già nel 2016 il quotidiano Repubblica.

L’antico vezzo italico delle gride manzoniane

Eppure da noi leggi e normative abbondano. Ultima della serie, la Circolare ministeriale n. 21 del 19/09/2024 vieta severamente di fumare (anche sigarette elettroniche) nelle scuole, perfino negli spazi aperti. La ratio del (giusto) divieto consiste non solo nella consapevolezza della pericolosità del fumo attivo e passivo, ma nella necessità che la Scuola educhi i giovani a non farsi del male da soli per il conformistico desiderio di somigliare a quanti si sentono “adulti” conformandosi a mode, stereotipi, atteggiamenti di massa (divenuti dominanti grazie ai meri interessi economici delle multinazionali del tabacco). Tuttavia purtroppo, come Alessandro Manzoni insegna, il moltiplicarsi di gride, per reprimere un fenomeno sociale radicato, finisce per confermare la sostanziale impotenza (o non volontà) statale di stroncarlo.

L’Italia produce più tabacco di ogni altro Paese europeo

È un caso, infatti, se l’Italia produce più tabacco di qualsiasi altro Paese in Europa? Un terzo della produzione comunitaria proviene dallo Stivale, ponendo l’Italia ai primi posti nel mondo tra i produttori ed esportatori di tabacco. Inutile dire che parte di questa produzione e della corrispondente filiera è sotto l’attento controllo di multinazionali potenti (anche se la vendita compete allo Stato). La produzione avviene soprattutto in Campania (Benevento), Toscana (Valdichiana e Valtiberina), Umbria (Valtiberina) e Veneto (Verona); ma anche in Abruzzo, Friuli, Lazio e Puglia. In Campania il business frutta 47 milioni annui.

La pubblicità indiretta dei divi del cinema, avvolti da nuvole di fumo

La moda del fumo è stata pompata per un secolo, in primis dall’industria cinematografica, mediante una capillare pubblicità indiretta. Ben consapevoli che il fumo crea dipendenza dalla nicotina, le multinazionali del tabacco si accordavano direttamente con le corporation cinematografiche, destinando agli attori parte del compenso. I film erano finanziati dai magnati del tabacco; le campagne pubblicitarie di questa o quella sigaretta partivano poco prima dell’uscita del film, in cui la sigaretta — ben riconoscibile — avrebbe fatto bella mostra di sé tra le dita dei divi di Hollywood.

Stereotipi che fruttano miliardi

Ed ecco gli stereotipi che attraggono adolescenti e persone insicure: il fumo come segno di emancipazione per le donne e di virilità (e anticonformismo!) per gli uomini. Eppure la schiavitù del fumo è tutt’altro che emancipazione, tutt’altro che anticonformismo, tutt’altro che salute e virilità (provoca anzi, insieme a danni circolatori, persino disfunzioni erettili). “Normale” anche questo, in un mondo sottoposto al neoliberismo e alle sue schiavistiche leggi di mercato. Se una droga non è dichiarata tale e rende dipendenti un miliardo di consumatori, “peggio per loro” (e meglio per chi ci guadagna).

Insegnare che il fumo è conformismo puro

Nella Scuola non bisogna solo vietare, ma dare l’esempio e informare. Anzituttooccorre smascherare il conformismo di chi danneggia la propria salute per sentirsi uguale ad altre persone; le quali si danneggiano a loro volta per conformarsi a un obbligo sociale costruito da pochi miliardari; miliardari che usano i profitti per girare in Rolls Royce e jet personale.

La moda del fumo, benché in calo, interessa ancora 1,2 miliardi di umani: destinati, in gran parte, a morire di cancro al polmone (o rene, mammella, bocca, vescica, pancreas, stomaco), o per malattie cardiocircolatorie, o respiratorie. Lo sa bene chi grazie a questo business ha perduto persone care. Il fumo (anche quello delle sigarette elettroniche) toglie in media dieci anni di vita, e danneggia le capacità riproduttive maschili e femminili. È, insomma, un grave problema. Va combattuto con l’educazione, che s’impara a Scuola studiando la storia, la geografia e le scienze: a riprova del fatto che sono le conoscenze a formare (e salvare) l’individuo dall’ignoranza e dalle scelte sbagliate che ne conseguono.

Ogni miliardo guadagnato col fumo costa allo Stato il doppio per curarne le vittime

I giovanissimi iniziano a fumare sempre più presto, soprattutto se ragazze. Molla principale è il desiderio gregario di appartenenza al gruppo e di riconoscimento sociale. Infatti, la sigaretta dà l’idea illusoria di apparire grandi, adulti, autonomi. Vogliono sentirsi diversi dagli adulti, ma poi cercano di somigliare loro nei vizi.

La pubblicità ha convinto le ragazze che la sigaretta renda sexy, eleganti e seducenti, mentre i ragazzi credono, fumando, di apparir disinvolti, sportivi e sani. Leggende metropolitane fanno credere che il fumo aumenti l’attenzione, tenga svegli, faccia dimagrire, renda più sicuri di sé. La realtà è quella della dipendenza da nicotina, senza la quale il fumatore si sente perduto, fisicamente e psichicamente.

Intanto lo Stato incassa: 10,7 miliardi dalle accise sul tabacco (senza contare l’IVA) nel 2021, secondo il Ministero dell’Economia e delle Finanze. La cura dei danni alla salute causati dal fumo costa però poi allo Stato 26 miliardi secondo il Ministero della Salute. Davvero un bell’affare, non c’è che dire. Per qualcuno, s’intende; non certo per la collettività.