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The Pupil Safeguarding Review, uno studente su dieci ha lasciato la scuola per il trattamento riservato in classe

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Esseri insicuri, per studenti di età compresa tra i 7 ed i 19 anni, è naturale in un percorso di affermazione identitaria in seno all’adolescenza, periodo turbolento e pieno di scoperte. Il rapporto conflittuale con la formazione obbligatoria è in genere caratterizzante del retroscena emotivo della fase, come ben sanno gli insegnanti. Ma se, presso un report emesso dal Ministero dell’Istruzione britannico gli studenti affermano all’unisono che il trattamento, indipendentemente dalle proprie volontà e percezioni, non è consono per l’ambiente scolastico in oggetto, la situazione richiede una verifica esente da inutili ed insulse semplificazioni.

L’insicurezza che, anche secondo le testate nazionali ed internazionali come BBC The Guardian, caratterizza gli studenti in un periodo già socialmente complesso – crisi economica e sociale, due anni di misure sanitarie restrittive – è stata raccolta presso il report in oggetto. Numerose le reazioni dell’opinione pubblica e politica: il Ministero, anche in continuità con gli scioperi in corso, afferma che la sua linea esecutiva e gli investimenti sul settore prevengano scenari critici; i cittadini, nella settimana corrente, sono in strada a sostenere i docenti nella lotta per una pay rise adeguata all’inflazione.

Il rapporto: dati, preoccupazioni, approccio istituzionale e sociale 

Il rapporto, che si basa su un sondaggio condotto su 70.000 studenti anglosassoni di età compresa tra 7 e 18 anni, ha il fine di esaminare il rapporto proporzionale tra sicurezza sociale dell’individuo e frequenza regolare delle lezioni, diminuita dall’inizio dell’emergenza sanitaria. La survey ha dunque rilevato che gli alunni hanno maggiori probabilità di sentirsi insicuri nelle aree comuni (per gli asili sale gioco, per le scuole medie e superiori corridoi, laboratori, palestre): il 13 % di costoro ha puntato il dito contro un docente ed il rispettivo atteggiamento. Di coloro che percepivano disagio ed insicurezza, un terzo ha citato più casi specifici e continuativi, ma solo il 25% degli studenti censiti ha cercato il confronto con qualcuno in classe (data la limitata presenza di assistenti sociali, problematica condivisa con il Vecchio Continente). Nel complesso, tre quarti (75%) dei ragazzi e delle ragazze che hanno preso parte al censimento in oggetto hanno affermato di sentirsi “molto” o “abbastanza” al sicuro a scuola, ma un quarto (25%) ha dichiarato di sentirsi solo “abbastanza”, “non molto “, o “per niente” sicuro, specioe con i compagni di classe più grandi. 

Un fenomeno comune in Europa? Cosa accade in Italia?

Centrale, a livello europeo, il ruolo delle reti sociali. Gli alunni inpartecipanti all’analisi hanno affermato di avere maggiori probabilità di sentirsi al sicuro fuori dagli ambienti scolastici piuttosto che in aula (78% contro 75%), ma una percentuale ancora maggiore si sentiva al sicuro online (88%), nonostante i rischi a cui sono esposti secondo le famiglie. Restano in molti a puntare il dito contro una classe docente, a detta degli studenti, inadeguata, obsoleta se non pericolosa. Nel Belpaese ha sollevato polemiche il grave caso del suicidio di uno studente, vessato dal docente di matematica, verificatosi il 18 gennaio scorso. Il docente, un 70enne, sarà sottoposto a processo per via del suo ruolo nell’incitazione al suicidio: alcuni compagni hanno reso note le vessazioni subite dal ragazzo, peraltro con disturbi di apprendimento. Tale pesante discriminazione, inflitta ad uno studente dislessico mediante note sul registro di classe ed atteggiamenti non rosei, necessita di ulteriori verifiche da parte del Ministero, il quale ha aperto un processo interno per accertamenti.