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Titolo V mai attuato e già rottamato: ecco la fregatura per i pubblici dipendenti

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Il Governo Monti ha preso la palla al balzo della cattiva amministrazione che ha indotto dimissioni ed elezioni anticipate in alcune regioni d’Italia (ben distribuite fra Nord, Centro e Sud) e voilà ecco pronta in quattro e quattr’otto nientemeno che una riforma della Costituzione di vasta portata che riporta in capo allo stato diverse materie prima devolute alla competenza regionale e sconvolge il Titolo V nella definizione approvata nel 2001.

La notizia è stata data da Monti col suo stile felpato a margine del Consiglio dei ministri del 9/10/2012, mentre tutta l’attenzione era concentrata sulla legge di stabilità.
Il comunicato di Palazzo Chigi ci dice che il CdM ha approvato un disegno di legge costituzionale di riforma del Titolo V, e che non sia un intervento lieve lo si legge fra le righe. Si parla di modifiche “significative” dal punto di vista della regolamentazione dei rapporti fra lo Stato e le regioni, viene introdotta una “clausola di supremazia” dello stato e si prevedono alcune “innovazioni particolarmente incisive”, inserendo nella legislazione esclusiva dello Stato delle materie che erano precedentemente oggetto della legislazione concorrente.
All’annuncio di Monti ci sono state alcune reazioni positive da parte di chi spera in una riduzione degli sprechi ai quali abbiamo assistito in questi anni e che sono finiti in conto agli italiani, ma soprattutto si registrano reazioni negative: c’è di parla di restaurazione del peggiore centralismo romano, della fine del sistema autonomistico e di un ritorno alla situazione degli anni ‘70.
Finora il dibattito non ha interessato il mondo della scuola, invece la fregatura sta proprio nella nuova versione dell’articolo 117, lettera g), per cui sono di esclusiva competenza statale non solo l’ordinamento e l’organizzazione amministrativa dello Stato, ma anche la “disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”. La modifica è di importanza dirompente, perché rimette mano alla riforma introdotta col D.L.vo n. 29/1993, dimostrando l’esistenza di un disegno organico e preciso, nel quale troverebbe giustificazione anche la tanto discussa norma dell’aumento per legge dell’orario di lavoro dei docenti. Alla contrattazione infatti non resterebbe altro che la negoziazione delle risorse.
Che Monti intenda fare sul serio e presto lo ha detto chiaro e tondo: “Il ddl di modifica costituzionale al Titolo V il governo l’ha recentemente presentato non a futura memoria, ma vogliamo fare il possibile perché tutto quello che potrà andare in porto per la fine della legislatura vada in porto”.
Ora non si può negare che in questo decennio ci siano stati continui conflitti di competenza e sperpero di denaro pubblico, per cui una revisione sarà probabilmente necessaria.
Va tuttavia ricordato che la riforma precedente, pur con i suoi limiti, è stata frutto di un lungo e approfondito lavoro di elaborazione nel senso del decentramento, culminato con l’approvazione popolare nel referendum confermativo del 2001, che ha ottenuto il 64% di sì.
Adesso la domanda è: quale legittimità può avere un governo tecnico, non espressione della sovranità popolare e chiamato solo per risolvere una situazione d’emergenza, di mettere mano al testo della Costituzione?
Anche su questo i partiti della strana maggioranza dovrebbero fare qualche riflessione, perché si vanno ad intaccare equilibri appena faticosamente assestati, col rischio di provocare una conflittualità potenzialmente esplosiva.
 

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