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Una legge al posto del contratto?

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Si fa avanti, insistentemente, l’ipotesi di sostituire la contrattazione con l’intervento legislativo diretto da parte del Parlamento o del governo, per il tramite di decreti legislativi attuativi di legge delega. La tesi è stata avanzata da un’autorevole esponente della maggioranza, l’on. Angela Napoli, che, peraltro, si rifà ad uno degli intendimenti dichiarati in campagna elettorale dal Polo delle libertà.

In buona sostanza, si tratterebbe di un colpo di spugna sul decreto Bassanini del 1993, che ha conferito al tavolo negoziale il ruolo di luogo dove nascano le norme che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici. Colpo di spugna che, peraltro, avrebbe valore solo per i docenti, che ritornerebbero a fare riferimento al diritto pubblico.

Ad un contesto, cioè, in cui le relazioni datore di lavoro-lavoratore non sarebbero più paritetiche, in quanto l’Amministrazione ritornerebbe ad esercitare il proprio potere autoritativo (dunque, la propria discrezionalità) anche per quanto riguarda il rapporto di lavoro dei docenti. Ciò comporterebbe, tra le altre cose, un ritorno alla vecchia disciplina dei congedi, con relativa cessazione del diritto alle assenze, che lascerebbero il posto, invece, al mero interesse legittimo. Vale a dire, ad una serie di vantaggi la cui fruizione non sarebbe più legata al semplice verificarsi di un evento, quanto, invece, ad una vera e propria concessione da parte dell’amministrazione.

L’Amministrazione, inoltre, ritornerebbe ad esercitare il proprio potere di interpretare con le circolari le norme riguardanti il rapporto di lavoro dei docenti, unilateralmente e senza sentire i sindacati. In buona sostanza, dunque, cadrebbe totalmente, tutto il paziente sistema di garanzie e contrappesi costruito in tutti questi anni dai sindacati della scuola e si ritornerebbe ai vecchi contratti che, dispiegare effetti, andrebbero recepiti per il tramite di decreti del Presidente della Repubblica.