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Video shock, bimbo di 8 anni devasta la classe

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La forza distruttrice del bambino è incontenibile e sortisce un effetto tsunami. Messi in sicurezza tutti i compagni di classe, la maestra incredula riprende col cellulare il “disastro” nella classe.

Il filmato di un minuto, girato immediatamente dopo l’episodio ad alunni oramai allontanati (ma si sentono ancora le voci agitate nel sottofondo del sonoro), lascia esterrefatti: banchi ribaltati, libri sparsi per terra, poster stracciati, cartelle gettate ovunque, matite e penne disseminate sul pavimento.

Il video postato il 19 gennaio sul profilo Facebook del nostro portale fa immediatamente il giro del web. Lo confermano le oltre 100.000 visualizzazioni totalizzate in meno di 24 ore.

Il bimbo responsabile dell’uragano, pur essendo noto nella scuola per le sue crisi nervose, non aveva diritto a un sostegno in quanto i genitori affermavano che era risultato negativo a tutti i test, inclusi quelli per l’ADHD. Dopo l’episodio tuttavia il bimbo verrà trasferito ed anche la sua insegnante, segnata dagli accadimenti e dalla fatica, si trasferirà a fine anno. Questi i fatti.

Vediamo ora per sommi capi le reazioni scritte, talora sorprendenti, dei docenti su Facebook di fronte al video.

1) Prevale certamente il numero di coloro che dichiarano di aver vissuto situazioni simili e dunque non si meravigliano. Sono per lo più insegnanti elementari, anche se qualche docente delle superiori sottolinea come è stato difficile contenere la fisicità di ragazzi grandi. Ciò è indice del fatto che episodi del genere avvengono con una certa frequenza.

2) Una buona fetta di docenti ha particolarmente apprezzato che il video sia stato messo online perché l’opinione pubblica si deve rendere conto della fatica e dei rischi professionali che la categoria corre al’insaputa di tutti. C’è piena consapevolezza, tra gli insegnanti, del fatto che la gente si nutre ancora e solamente dei classici stereotipi quali la mezza giornata di lavoro e le lunghe ferie. Rimandiamo ad altra occasione la spiegazione delle tappe da intraprendere nel lungo cammino per restituire dignità al lavoro dell’insegnante.

3) Curiosamente vi sono alcuni insegnanti che invocano a proprio vantaggio l’installazione di telecamere perché finalmente tutti, ma soprattutto i genitori degli alunni, possano verificare che a “disturbare” le lezioni è lo studente. A confutare questa tesi è un docente che, insegnando in una scuola paritaria dotata di telecamere, racconta la sua esperienza fallimentare, perché nemmeno di fronte alle immagini delle telecamere gli adulti si arrendono all’evidenza dei fatti. E cioè che il loro figlio (spesso “unico”) è un maleducato.

4) C’è chi sostiene che il “problema” del bimbo viene da casa. Questa è un’evidenza che vale per studenti e insegnanti. Ciascuno porta da casa, cioè dalla sfera extraprofessionale, il proprio bagaglio di stress. Ciò che nei fatti conta, è che i frutti dello stress si manifestano in ambiente scolastico. Vale la pena approfittarne per ribadire la giusta definizione di “Stress Lavoro Correlato” che è sconosciuta ai più. Questo infatti non è “lo stress derivato dal lavoro”, bensì “lo stress che ciascuno esercita sul lavoro a prescindere dal luogo dove l’ha maturato”.

5) Vi sono poi alcuni docenti del Sud che si meravigliano di come simili episodi possano essere avvenuti “nell’ordinato e composto Nord”. Francamente diverte e stupisce come si possano ancora avere simili ingenui pensieri. Consiglio a costoro la visione del divertente film di Bisio Benvenuti al Nord (anche se è decisamente meglio Benvenuti al Sud).

6) Meno condivisibile la posizione di quei pochi che gettano la colpa sull’insegnante che è stata incapace di prevenire lo tsunami “invece di filmare lo scempio”. Mi sembra una gratuita semplificazione che non tiene conto della difficoltà delle circostanze, né delle difficoltà del proprio lavoro. Impietoso (o pietoso?) chi invita la maestra a ritirarsi in pensione (come se toccasse a lei deciderlo). Queste posizioni, per fortuna poche, sono comunque spia di come i docenti conoscano poco il loro stesso lavoro, soprattutto ora che la famiglia è sgretolata, mentre ciò che ne rimane pretende dalla scuola senza voler nulla dare.

Riabilitare il ruolo dell’insegnante nella società passa necessariamente, in questa fase d’emergenza, attraverso il riconoscimento delle malattie psichiatriche dell’insegnante come malattie professionali. I dati parlano chiaro (sono cinque volte le disfonie croniche), ma le istituzioni, insieme ai sindacati e ai politici, fanno orecchie da mercanti. La legge (D.L. 81/08) sulla prevenzione dello stress lavoro correlato parla chiaro, ma finché non ci sono gli stanziamenti, rimarrà lettera morta.

A chi tocca quindi far partire il processo virtuoso? Agli insegnanti stessi, ricordando loro che sono un milione più indotto. Io sto con loro.

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