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Violenza a scuola, perché curare gli ambienti di apprendimento? Il “bellismo” come prevenzione del bullismo

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo un contributo di Giovanni Cogliandro, dirigente scolastico e docente universitario, sull’educazione al bello in contrapposizione alla violenza che imperversa, purtroppo, tra i giovani.

Cura e cittadinanza estetica

La Scuola è senza dubbio esperienza di studio, conoscenza, cultura, apprendimento dei saperi, ma è ancor prima educazione alla cura, quasi un vero teatro di crescita civile e di cittadinanza, di una cittadinanza estetica che genera nel bambino il senso di appartenenza; è il luogo in cui nascono e crescono affetti, sentimenti, e si affermano le prime amicizie.

Il punto di partenza su cui abbiamo iniziato a riflettere qualche anno fa con i nostri insegnanti è stato la cura dell’ambiente di apprendimento. Questo non significa rendere forzatamente bello un ambiente per assecondare il puro senso estetico, ma per ispirarsi alla cura a cui teneva Don Milani, per comunicare al bambino l’importanza che egli stesso ha per l’adulto: mi importa di te e curo quello che ti propongo e il luogo in cui ciò avviene. Questo tipo di cura parte dalla scelta dei materiali, escludendo quelli logori e sporchi e privilegiando quelli naturali, utili ed esteticamente in linea con i presupposti, fino ad arrivare alla collocazione accessibile per tutti.

La cura dell’ambiente diventa lo spazio idoneo, proprio perché è il primo luogo, il contesto in cui avviene l’educazione al bello, che abbiamo scelto di definire bellismo, come prevenzione attiva del bullismo che tanto riempie le odierne cronache scolastiche.

Le forme, i colori, i suoni, il tipo di materiale presenti nell’ambiente sono veicoli per sviluppare il senso critico del bambino, rendendolo soggetto assolutamente in grado di riconoscere la bellezza. 

Il nostro ruolo di insegnanti è quello di guidare i nostri alunni attraverso questa scoperta: se conoscono la bellezza saranno in grado di riconoscerla e di allontanarsi sempre di più dai prodotti scadenti, che siano musica, arte, natura, emozioni o comportamenti. È improduttivo soltanto parlare di quello che è giusto fare per sé stessi e per gli altri. Fino a 12 anni, infatti, c’è un pensiero di tipo concreto e l’apprendimento parte e passa necessariamente dall’esperienza diretta. Se vogliamo insegnare la cura dell’altro, dobbiamo praticarla e per farlo in modo efficace possiamo farlo sfruttando la sinergia della scuola con la famiglia in quanto luogo di apprendimento privilegiato da parte del bambino.

Oggi più che mai i nostri studenti hanno bisogno di una “scuola viva”: è meraviglioso camminare per i corridoi del nostro istituto e vedere i ragazzi coinvolti in attività che prendono spunto dalle loro passioni: radio, musica, attività si supporto per gli alunni NAI, corsi di formazione per i docenti, laboratori di lettura animata, conferenze di filosofia aperte al territorio, redazioni giornalistiche.

Una scuola che si rende prossimità e che cerca di avvicinarsi al mondo dei ragazzi offrendo una concreta alternativa alla solitudine del mondo virtuale. Vi è l’esigenza profonda di ripensare la scuola e tale processo di rinnovamento non può investire solo i traguardi formativi e i saperi, ma deve necessariamente essere volto a promuovere una visione allargata dell’inclusione in grado di valorizzare le potenzialità degli studenti attraverso la personalizzazione degli apprendimenti.

La scuola ascolta, prima di agire: deve formare persone che sappiano affrontare positivamente l’incertezza e la mutevolezza degli scenari sociali e professionali, presenti e futuri, deve sviluppare la resilienza per rendere i nostri ragazzi capaci di adattarsi e reinventarsi in ogni momento della propria esistenza. Per questo motivo deve avere un proprio orientamento chiaro e trasparente, che promuova e diffonda la fioritura dei nostri ragazzi come persone che si lasciano affascinare da qualità ed equità, in modo da percepire la realtà come un mondo costituito dall’ intrecciarsi di molte relazioni, le cui parti interagiscono in maniera non totalmente prevedibile.

Riempire di bellezza: attività

Le attività da proporre possono essere le più varie, sia nella routine scolastica standard, sia in occasione di laboratori che vedono coinvolte le famiglie stesse. È l’occasione per lavorare su temi importanti quali la fiducia, l’inclusione, la gentilezza, la sorpresa e il dono fatto all’altro con il semplice e puro intento di donare all’altro. Queste tematiche si prestano ad essere declinate attraverso diverse attività manuali, pratiche e creative, da fare nell’ambito di laboratori appositamente allestiti per accogliere bambini e famiglie, ma anche nel mero tempo scolastico, anche soltanto costruendo quelle che Munari chiamava le “macchine inutili”, allestimenti per la cui realizzazione non occorre seguire istruzioni preconfezionate, ma alla cui preparazione collaborano la logica e il naturale istinto del bambino.

Queste attività permettono di insegnare a cogliere quello che c’è negli altri e nell’ambiente, di diverso rispetto a noi, e imparare ad apprezzarlo in quanto elemento che arricchisce, completa e fa crescere, facendo acquisire capacità di ascolto, attenzione, osservazione e consapevolezza e tutto questo si aggiunge alla complessità e all’unicità dell’essere umano, in quanto stimola e migliora lo spirito critico, suscitando il desiderio di proteggere e tutelare ciò che ognuno ritiene bello.

Tutto questo significa educare alla bellezza!

Questo tipo di approccio è un’occasione che ha anche l’importante funzione di intervenire nelle eventuali lacune culturali e familiari, sui fattori individuali e sulle dinamiche di gruppo che spesso fanno scegliere la denigrazione dell’altro e a tutti i fenomeni dilaganti che chi opera nella scuola conosce bene.

Questo è il nostro principale obiettivo di promozione della bellezza e fioritura che è anche prevenzione, a partire da un’idea alta della persona in formazione, in questa continua ricerca e sperimentazione di nuove metodologie educative e didattiche che meglio rispondano alle esigenze dei nostri ragazzi.

Lo attuiamo dando spazio alla musica, alla filosofia, al teatro, al movimento, all’educazione ambientale consapevoli delle diverse forme di intelligenza, come espresse da Gardner, che generano altrettanto diversi modi di apprendere.

La violenza va contrastata, su questo il mondo della scuola è in accordo unanime. La prevenzione potrebbe essere uno strumento efficace, anche se gli effetti non sono immediatamente visibili, ma l’intento è sicuramente sensato: riempire di bello, senza lasciare spazio al brutto in ogni sua forma.

Il progetto è sicuramente ambizioso e l’impegno richiesto a insegnanti è grande e difficile, ma è ciò di cui ha più bisogno la nostra società nel bel mezzo ormai del XXI secolo.  

Giovanni Cogliandro – Dirigente Scolastico e Docente Universitario di Filosofia Morale e Filosofia Politica