
Come accade spesso alla fine del quadrimestre o al termine dell’anno scolastico, il problema della “media” dei voti ritorna nel dibattito fra insegnanti, genitori e studenti.
A confronto sono spesso due posizioni.
Facciamo un esempio pratico; uno studente ha messo insieme nel quadrimestre questa serie di voti: 4, 4, 6, 7; la media aritmetica è poco al di sopra del 5.
Un secondo studente ha invece questi voti: 7, 6, 4, 4; la media è stessa.
Di fronte a questi due casi c’è chi dice che il primo studente meriterebbe 6 perché comunque c’è stato un progresso; al contrario il secondo studente meriterebbe 5 perché c’è un evidente peggioramento.
In realtà, a quanto dicono i docimologi, la questione è molto più complessa perché la stessa idea di “media aritmetica” dovrebbe essere messa in discussione. La ricerca docimologica parte da una questione preliminare: il voto scolastico è un vero e proprio numero? Ha una sua “struttura matematica”?
Apparentemente sì, perché è molto probabile che uno studente che ha 8 di matematica in pagella “ne sappia” di più del suo compagno di banco che ha solamente 6: (il “molto probabile” è dovuto al fatto che la questione è più articolata: ne sa di più perché è più preciso nei calcoli o perché riesce a risolvere meglio certi problemi anche a discapito della precisione, e così via).
Diciamo allora che i voti possono essere messi in ordine dal più basso al più alto esattamente come si fa con i numeri.
In una corsa ciclistica chi arriva primo è perché ha impiegato meno tempo del secondo, ma già con questo esempio possiamo intuire che il problema non è affatto semplice perché fra il primo e il secondo potrebbe esserci un distacco di una frazione di secondo, mentre fra il secondo e il terzo potrebbero esserci addirittura 10 minuti di differenza.
I voti, insomma, colgono l’aspetto ordinale dei numeri ma non quello cardinale: chi ha 8 di storia potrebbe essere “più bravo” di chi ha 4, ma non potremmo certamente dire che uno “ne sa il doppio dell’altro”.
Ed ecco che il problema emerge chiaramente: fare la “media” dei voti è matematicamente sbagliato perché la media si può fare solo con i numeri cardinali e non con gli ordinali; in proposito le corse ciclistiche a tappe rappresentano un bell’esempio: si può vincere (ed è accaduto più volte) il Giro d’Italia senza aver mai vinto una tappa, oppure si possono vincere anche 6 tappe e arrivare alla cinquantesima posizione finale.
La conclusione è evidente: i voti sono una scala ordinale in cui ogni voto è rappresentato da un numero anche se si potrebbe usare benissimo un’altra codifica.
Per esempio si potrebbero utilizzare le lettere dell’alfabeto (A, B, C, D, E) oppure delle parole (insufficiente, sufficiente, discreto, buono, distinto e ottimo) senza che cambi la sostanza: ci troveremmo sempre di fronte ad una scala ordinale anche se cambia il numero dei valori (nei nostri due esempi si tratta di una scala con 5 lettere oppure con 6 “giudizi”).