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Voto finale alla Maturità, non sempre è specchio fedele dell’impegno, della costanza e delle capacità espresse durante il triennio

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Ogni anno, con l’arrivo degli esami di Stato, migliaia di studenti italiani si confrontano con uno dei momenti più significativi e simbolici del loro percorso scolastico: la maturità.

Al termine del percorso delle scuole superiori, il voto finale dovrebbe rappresentare la sintesi del lavoro, dell’impegno e della crescita dello studente durante l’intero triennio. Ma è davvero così?

Il voto finale: come si compone?

Il voto di maturità è espresso in centesimi ed è composto da:

  • Credito scolastico (fino a 40 punti), assegnato in base al rendimento durante il triennio;
  • Prove d’esame: prima prova scritta (italiano), seconda prova (disciplinare) e colloquio orale (fino a 60 punti complessivi).

In più ci sono 5 punti bonus che la commissione può decidere di assegnare al candidato sulla base di precisi criteri: almeno 30 crediti di ammissione all’esame e almeno 50 crediti tra le 3 prove (2 scritti e orale).

Le prove d’esame dunque contano per ben il 60% del voto finale. In altre parole, l’intero triennio vale meno di quanto conti la performance in pochi giorni.

Un giudizio parziale?

Questa sproporzione può generare frustrazione. Uno studente che ha lavorato con costanza, mostrando progressi e impegno per tre anni, può vedere il proprio voto penalizzato da una performance sottotono in sede d’esame. Al contrario, chi ha avuto un rendimento scolastico altalenante ma riesce a eccellere nelle prove finali può ottenere un voto più alto.

Ciò non significa che le prove d’esame non siano importanti o significative, ma pone una questione di equilibrio: può una prova una tantum – magari influenzata da ansia, salute o fattori esterni – pesare più di tre anni di cammino scolastico?

Meritocrazia o fotografia istantanea?

L’esame dovrebbe certificare non solo le competenze, ma anche la maturità personale e intellettuale dello studente. Tuttavia, quando il voto dipende in larga parte da un’unica prestazione, si corre il rischio di premiare la “performance” più che il “percorso”.

Molti docenti riconoscono questa criticità, ma la struttura ministeriale dell’esame lascia poco margine per riequilibrare davvero il peso tra triennio e prova finale. Per alcuni, questo voto finale rischia di essere più una fotografia istantanea che una vera valutazione del valore di uno studente.

Come andrebbe letto il voto finale

Il voto di maturità, seppur importante, non è sempre specchio fedele dell’impegno, della costanza e delle capacità espresse durante il triennio. Andrebbe letto con attenzione e contestualizzato, senza attribuirgli un valore assoluto.

Per questo è fondamentale che, studenti e famiglie, ma anche università e mondo del lavoro, guardino al di là del semplice numero finale, valorizzando soprattutto la storia che quel voto, da solo, non può raccontare.