Home Generale 1,5 miliardi per il lavoro, ma l’Italia si scorda

1,5 miliardi per il lavoro, ma l’Italia si scorda

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E se le altre nazioni, scrive Pagina99.it, sono partite all’attacco per approvvigionarsene, con l’obiettivo di assicurare ai giovani sotto i 25 anni un’offerta qualitativamente valida di lavoro, di proseguimento degli studi, di apprendistato o di tirocinio entro un periodo di quattro mesi dall’inizio della disoccupazione o dall’uscita dal sistema d’istruzione, l’Italia sta a guardare. E guarda nonostante l’Europa, di fronte a un tasso di neet (giovani non occupati e non inseriti in un percorso di formazione) in continua crescita (nel 2011 pari al 15% del totale dei 15-29enni), abbia chiesto a quelli con una disoccupazione giovanile superiore al 25%, come l’Italia, di presentare entro dicembre scorso piani di intervento per cambiare rotta. 
E infatti in Italia ci sono 1,2 milioni di neet sotto i 24 anni, 2,2 milioni se si amplia la platea ai giovani sotto i 29 anni. 
Sul piatto ci sono 1,5 miliardi (1,1 miliardi di fondi europei e il resto di cofinanziamento nazionale) per il biennio 2014 e 2015, ma il nastro della partenza ancora non è stato tagliato. E ora, con il cambio di governo, i tempi rischiano di allungarsi e la Garanzia Giovani, secondo diversi esperti, “rischia di rimanere un castello di carta”. 
La piattaforma informatica, centrata sul sito ministeriale cliclavoro che dovrebbe aggregare le varie banche dati regionali e dove i giovani dovrebbero concretamente registrarsi al programma, doveva essere operativa entro marzo ma ancora non è a regime. Né c’è traccia del sito creato ad hoc (www.garanziagiovani.it). E persino i fondi, che sono già stati suddivisi per Regione e per capitolo di spesa (sulla base delle indicazioni europee), di fatto ancora non sono stati stanziati. Ma il vero nodo critico, al centro anche dei rilievi europei, sono i Centri per l’impiego (cpi). Dai risultati del primo monitoraggio effettuato dall’ex ministro Giovannini, sono 556 nel territorio nazionale, occupano 8700 dipendenti, ma intermediano appena il 3% della forza lavoro secondo l’Isfol, l’1,4% secondo i dati della Commissione Lavoro della Camera.