Home Attualità Abolire il 5 in condotta? Ci vuole ben altro contro la dispersione

Abolire il 5 in condotta? Ci vuole ben altro contro la dispersione

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Se l’onorevole Santerini con la proposta di abolire il 5 in condotta voleva farsi un po’ di pubblicità, c’è pienamente riuscita. Se invece vuole davvero “contrastare la dispersione”, allora è fuori strada.

Abolire la valutazione insufficiente in comportamento, introdotta dalla Gelmini con la legge 169/2008, ci può stare. Ma solo perché è una misura ridicola e praticamente inapplicata. Non perché contribuisca ad alimentare la dispersione. Lo dicono i numeri delle statistiche del Miur.

La Santerini (ex Scelta Civica, ora Democrazia solidale) riporta la cifra di 12mila studenti bocciati con voto negativo in condotta nelle scuole secondarie di secondo grado, ovvero lo 0,5%.

Ma i dati sono vecchiotti e per nulla significativi. Pubblicati nel 2012, si riferiscono ai primi due anni dopo l’introduzione della nuova legge. Già allora le bocciature col 5 in condotta erano appena uno 0,5%. Negli anni successivi la percentuale deve essere scesa a livelli talmente infimi che il Miur neanche la riporta nelle statistiche.

Il perché è presto detto. Bocciare col voto negativo in comportamento ha sempre avuto effetti controproducenti di polemiche e contenziosi. Inoltre il regolamento sulla valutazione alunni (DPR 122/2009) ha fissato i paletti. Bisogna avere riportato sanzioni disciplinari, che i regolamenti delle scuole specificano come sospensioni abbastanza lunghe, accompagnate da frequenza irregolare, impegni di studio non assolti, comportamenti pericolosi, recidive.

Le esigue bocciature con voto negativo in comportamento c’entrano ben poco col grande problema della dispersione. Le cause sono altre, e bisogna studiarle a fondo prima di proporre misure altrettanto “populistiche” come a suo tempo lo furono quelle volute dalla Gelmini.

Le statistiche del Miur del 2014/15, se si va a vedere, ci dicono che il 2,4% delle bocciature sono dovute alle numerose assenze con conseguente invalidità dell’anno scolastico. Il fenomeno è rilevante soprattutto nel primo anno di corso col 3,5%. In numeri assoluti significa circa 25mila studenti nel primo anno di scuola secondaria superiore non ammessi all’anno successivo a causa delle assenze, circa 65mila come numero complessivo di ciclo. Si tratta di un dato molto più consistente di quello insignificante preso in esame dall’onorevole Santerini.

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Su 2milioni e 700mila studenti che frequentano la secondaria di II grado, lo scorso anno i bocciati sono stati circa 300 mila, con percentuali del 14% nel primo anno degli istituti tecnici e del 18 % nei professionali.

Il problema non è abolire la bocciatura, ma lavorare sulle cause che portano alla bocciatura. Forse con la riforma Gelmini le materie sono diventate troppo numerose e teoriche, forse la continuità con la scuola media è troppo debole, forse le scuole non agiscono efficacemente sulle leve dell’orientamento e del ri-orientamento allo scopo di aiutare il ragazzo a trovare la strada congeniale, mantenendolo all’interno del sistema di istruzione e formazione.

L’impressione è che si cerchi la proposta che fa presa sull’opinione pubblica e non costa nulla. Ma trovare soluzioni serie non è così facile come procurasi un po’ di visibilità.