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La “più delicata delle transizioni”, così l’ha definita lo scrittore Victor Hugo, ma l’adolescenza è stata definita anche tempesta emozionale, età sospesa ed anche età dello tsunami.
L’adolescenza delicata fase di mezzo
Le cronache di tutti i giorni ma anche numerose ricerche sociologiche sull’adolescenza non fanno altro che dimostrare come quello dell’adolescenza sia un periodo caratterizzato da forte fragilità e problematicità. Una fase “di mezzo” tra l’essere bambini e diventare piccoli adulti molto delicata, bella e particolare ma molto rischiosa se non viene affrontata correttamente e con il giusto supporto da genitori ed educatori. Una età caratterizzata anche da grandi potenzialità ed opportunità per lo sviluppo cerebrale e psicologico (fonte Infofamiglie) se il percorso è appunto correttamente interpretato.
In questa fase particolare dello sviluppo sono due gli attori principali di educazione e socializzazione che entrano in gioco in maniera preponderante, la famiglia e la scuola.
La qualità del clima familiare è facilmente intuibile, elemento fondamentale del percorso di crescita e di costruzione dell’identità personale. La famiglia deve saper fungere da guida ed incoraggiamento nel percorso che porta l’adolescente ad imparare da solo
La scuola altresì svolge un ruolo fondamentale perché non è solo il luogo formativo dei ragazzi per l’imprinting emotivo, culturale e sociale ma può essere anche spazio per malessere e insuccessi.
E’ anche terreno di competizione, di confronto, di esami e giudizi e di aspettative dei genitori.
I risultati del progetto Restart Yourself
Molto interessante l’articolo pubblicato da Avvenire in cui una counselor è riuscita a raccogliere i pensieri dei ragazzi di una scuola di Milano.
Il progetto, chiamato “Restart Yourself”, è stato organizzato da Telefono Donna in collaborazione con la Dirigenza scolastica dell’Istituto e finanziato con i fondi del Pnrr, ed aveva lo scopo di offrire supporto agli studenti con problematiche scolastiche, personali e famigliari, attraverso tre incontri ciascuno con uno dei professionisti della relazione di aiuto del team di Telefono Donna.
E’ stata l’occasione per le professioniste di raccogliere idee, pareri, pensieri e preoccupazioni di questi ragazzi a partire proprio dal rendimento scolastico.
Il quadro che ne emerge conferma le considerazioni iniziali: ansia da ascolto, solitudine, rapporti non facili con le famiglie, insoddisfazione verso la scuola.
Ci sono tante storie di ragazzi che tornano a casa e mangiano da soli perché i genitori lavorano, la sera a tavola si parla poco o niente perché “lei è molto stanca e la tv è accesa”. Pomeriggi passati da soli perché spesso i genitori tornano tardi dal lavoro. È importante trovare momenti per passare del tempo insieme ai figli trovare delle attività piacevoli da condividere, passioni in comune da coltivare insieme.
Il senso di solitudine di questi adolescenti è veramente forte. Il dialogo con i genitori è assente in moltissimi casi. Manca anche lo scontro generazionale che ha caratterizzato periodi precedenti, elemento di sana crescita se affrontato correttamente.
I ragazzi si sentono soli anche in famiglia
Emerge una famiglia dalle vite parallele, con “affetto diluito dalla stanchezza per il lavoro, dalle incombenze della quotidianità e dalla distrazione dei social media”
Si sentono soli anche quando sono in compagnia. Per quanto ci possano essere affinità con qualche coetaneo, la comunicazione non è soddisfacente perché resta a un livello superficiale e le aggregazioni sociali sono finalizzate alla palestra, al calcio ma finito quel momento di aggregazione non si sentono più. Sono spariti i luoghi di aggregazione giornaliera, la piazzetta, il muretto la comitiva dove senza dirselo ci si incontrava, si rideva, si parlava e si diventava amici.
È importante, dal quadro che emerge nella ricerca, che i ragazzi si sentano ascoltati e rassicurati ma non sempre necessariamente giudicati. Vanno affrontati con approccio empatico e di ascolto questo vale sia per gli insegnanti che per gli allenatori dello sport.
La forma di dipendenza dal digitale, dal loro smartphone peggiora notevolmente lo stato del malessere ma anche il ruolo di genitori ed insegnanti.
La comunicazione stessa a cui sono abituati è alterata, virtuale, la postura è con la testa china, “la schiena incurvata, nella più totale noncuranza del mondo circostante e degli esseri che lo abitano”.
Tanti ammettono di soffrire di ansia, di senso si solitudine e disorientamento, urlano in silenzio l’esigenza di essere ascoltati, di essere supportati di una guida che li sappia ascoltare e aiutare.
Svolgere questo ruolo per un adulto vuol dire accettare ed ascoltare il suo parere, dare spazio alle sue idee. Le richieste di impegno e responsabilità devono essere adeguare all’età che non significa allontanarli dalle prove, dai rischi e dalle sfide che lo attendono e che spettano alla loro età, perché sono parte integrante del percorso riti verso l’età adulta.