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Aggredire i docenti è reato, ma i genitori lo sanno che sono pubblici ufficiali?

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“Il genitore-bullo non è meno distruttivo dello studente-bullo”: ha lasciato il segno la sferzata del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, rivolta, durante la cerimonia d’inaugurazione del nuovo anno scolastico a Portoferraio, nell’Isola d’Elba, a quei genitori che si scagliano con violenza nei confronti degli insegnanti

Il monito del presidente

Giunte in avvio del nuovo anno scolastico, le parole del presidente della Repubblica sono sembrate un monito rivolto a tutti coloro, genitori e studenti in testa, che non hanno ancora compreso che solo una costruttiva alleanza scuola-famiglia può condurre alla corretta formazione degli alunni.

A tal proposito, vale anche la pena ricordare che esercitare violenza contro un insegnante equivale ad un reato aggravato: il docente, infatti, nel corso dell’esercizio della sua funzione è considerato dalla legge un pubblico ufficiale e non può essere offeso nell’onore. Una condizione affermata anche nel 2014 dalla Corte di Cassazione, come ricordato alcuni mesi fa dalla Tecnica della Scuola.

La sentenza

Nella sentenza n. 15367/2014, i giudici hanno ribadito la qualità di pubblico ufficiale per l’insegnante di scuola, nella fattispecie in servizio nella secondaria di primo grado, nell’esercizio delle sue funzioni non circoscritto alla tenuta delle lezioni: tale condizione non riguarda solo le lezioni in classe, ma la Cassazione ha rilevato che va estesa “alle connesse attività preparatorie, contestuali e successive, ivi compresi gli incontri dei genitori degli allievi” riconoscendo tutti gli elementi del reato di oltraggio a pubblico ufficiale a carico di un genitore.

Corte Di Cassazione Sentenza N. 15367 2014

“A fronte di questa sentenza -ha scritto un dirigente qualche tempo fa in un documento pubblico – prima di insultare un insegnante per difendere i propri figli, è preferibile mantenere il controllo dei propri nervi”.

Cosa dice il Codice Penale

Anche l’articolo 357 del Codice Penale dispone che “agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali, coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa“.

Agli stessi effetti, come disposto dal secondo comma dell’art. 357 novellato dalla l. n. 86/90 e successivamente modificato dalla l. n. 181/92, “è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi“.

Dalla lettura della norma, pertanto, si evince che la qualifica di pubblico ufficiale va attribuita a tutti quei soggetti che “concorrono a formare la volontà di una pubblica amministrazione; coloro che sono muniti di poteri: decisionali; di certificazione; di attestazione di coazione” (Cass. Pen. n. 148796/81); “di collaborazione anche saltuaria” (Cass. Pen. n. 166013/84).

L’articolo 358 c.p., a propria volta, dispone che “sono incaricati di pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni d’ordine e della prestazione di opera meramente materiale”.

Il commento di Rusconi (Anp): si ‘lavano’ quasi la coscienza

Sui rapporti sempre più turbolenti che non di rado alcuni genitori instaurano con gli insegnanti, abbiamo sentito Mario Rusconi, presidente Anp Lazio: “certe famiglie – spiega il rappresentante dei presidi – si scagliano verso i docenti quasi sempre per non ammettere i propri errori educativi. In questo modo, si ‘lavano’ quasi la coscienza, pensando di trovare negli insegnanti dei figli il motivo del loro fallimento”.

“È giusto ricordare a questi signori che le aggressioni verbali e fisiche verso chi è deputato alla crescita culturale e formativa dei giovani, corrispondono ad un reato punibile dalla legge: certamente, non è questa la strada migliore per costruire un percorso di alleanza, ma laddove necessario è anche l’unico sistema per tutelare il corpo docente e anche dirigente, visto che pure i presidi sono stati bersaglio di violenze”, conclude Rusconi.