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Anche i prof devono mangiare

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Sembrerà strano ma anche i professori devono mangiare per potere svolgere la loro attività con decoro e dignità. Un’attività mentale, quella che svolgono gli insegnanti italiani, sottostimata e socialmente non pienamente considerata. D’altronde la professione dell’insegnamento in Italia non è attraente, non è appagante e soprattutto è mal pagata. Infatti moltissimi giovani studenti italiani non sceglierebbero mai di fare l’insegnante, a causa di un’evidente e crescente situazione di disagio e demotivazione dei docenti.
Una condizione professionale quella dei docenti italiani di piena insoddisfazione, con livelli di retribuzione stipendiale non adeguati.

I docenti delle scuole pubbliche sono pagati meno di un operario specializzato, meno di un impiegato alle poste o in banca, dato veramente poco onorevole per una società che vuole restare competitiva. Cosa bisognerebbe fare per cambiare quella che potremmo definire una vera e propria “questione classe docente”? Bisognerebbe costruire un sistema scolastico che ponga cura e attenzione al ruolo del docente, riabilitandolo dal punto di vista sociale ed economico. Sarebbe questa la mossa giusta per fare ripartire la scuola. Un  insegnante motivato, ben retribuito e che abbia la considerazione sociale dovuta, è il presupposto necessario per innalzare il livello della qualità dell’insegnamento.
In buona sostanza bisogna rendere attraente il ruolo dell’insegnamento, renderlo appagante e soprattutto conveniente dal punto di vista economico ma anche da quello dell’autorevolezza sociale. Non è pensabile che il contratto della scuola, in cui in un grande calderone ci stanno anche gli insegnanti è fermo al 2007 e scaduto dal 2010. Gli stipendi bloccati da oltre 7 anni, già erano scarsamente adeguati alla funzione svolta e ai carichi di lavoro sostenuti, ed invece che sbloccarli e rivalutarli, si vuole procedere a bloccarli nuovamente. Gli insegnati italiani dicono basta e fanno sapere che: “anche i prof devono mangiare!”.

D’altronde anche le competenze dell’insegnante, che non sono di facile formazione e sono anche ben articolate, hanno il loro prezzo che una società seria e giusta deve pagare. Fare il docente non è semplice, perché si deve possedere un bagaglio di competenze notevole, che costa fatica, formazione, aggiornamento, studio permanente, quindi è giusto che tutto questo venga riconosciuto con un giusto stipendio. Il rischio che il contratto scuola sia ancora bloccato per tutto il 2015 e che gli scatti di progressione carriera fino a tutto il 2018, oltre ad essere molto concreto, renderebbe il lavoro dell’insegnante ancora più marginale aggravando ancora di più una questione, che già adesso è allarmante.
Il governo Renzi invece di risolvere quella che è ormai diventata un’emergenza salariale degli insegnanti, tende ad aggravarla ancora di più. Infatti oltre ai blocchi su citati, si tenta un’operazione funambolica di maggiorazione dei carichi di lavoro a parità di stipendio, introducendo meccanismi di crediti didattici, formativi e professionali in cambio di maggiore attività lavorativa. Questi crediti potrebbero servire, ma solo dopo al 2018 ad ottenere un piccolo premio di aumento stipendiale. Un aumento che si aggirerebbe intorno alle 60 euro ogni tre anni.

Gli insegnanti fanno notare che lo stipendio attuale di un prof della scuola italiana, non consente di arrivare a fine mese rispettando tutti  i bisogni personali e delle proprie famiglie. Forse sarebbe il caso di trovare le risorse per rinnovare i contratti pubblici, tagliando i mille sprechi, che ancora esistono nella politica, e combattendo seriamente i fenomeni di corruzione ed evasione fiscale.