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Bimbo con cartello al collo: “Sono un bimbo sporco”

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“Sono un bimbo sporco”: questo il cartello che un ragazzino di nove anni, nato a Donetsk in Ucraina e affidato alle cure di una famiglia italiana residente nel Torinese, era costretto a portare al collo come punizione.

Una delle tante angherie che, avrebbe dovuto subire per otto anni dai genitori adottivi, ora processati in tribunale per maltrattamenti.

Il pm ha chiesto per loro quattro anni di carcere. “Non stiamo parlando – ha detto il magistrato – di un singolo episodio, di un singolo insulto, di un singolo livido, di una doccia fredda e delle mutande infilate in bocca per punirlo della pipì a letto. Erano vessazioni quotidiane, abituali, continue”.

Il pm ha inoltre sottolineato che a favore dell’accusa “ci sono i racconti del ragazzo e le testimoniante dei vicini di casa e delle maestre”.

 

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Ad accorgersi, riporta l’Ansa, elle umiliazioni e delle percosse erano state proprio le insegnanti: avevano notato sul bimbo grossi lividi, all’apparenza lasciati da percosse e forti pizzicotti sulle guance, e lo avevano visto arrivare a scuola con i vestiti sporchi, puzzolenti e di taglie troppo piccole per la sua età. A quanto sostiene l’accusa, il giovane veniva punito duramente per comportamenti banali, come aver preso una brioche da un cassetto senza permesso. Il ragazzo, ormai 17enne, che oggi vive in una comunità a seguito di un provvedimento del Tribunale per i minorenni di Torino, era scappato più volte di casa. “Pensava di sfuggire all’inferno di un orfanotrofio in Ucraina – ha ancora detto il pm – e ha trovato in Italia un inferno ancora peggiore. I genitori adottivi avrebbero dovuto prendersi cura di lui, invece gli hanno fatto del male come mai nessuno in vita sua. Lo hanno distrutto”.

L’avvocato difensore dei genitori ha invece detto: “In questa triste vicenda è emerso un fallimento adottivo, non dei maltrattamenti in famiglia. Lo scenario è complesso e bisogna valutare con attenzione l’attendibilità dei racconti del ragazzo. Le accuse sono terrificanti, ma può essere che il piccolo sia stato suggestionato e abbia aumentato normali castighi e punizioni”.

La famiglia, secondo l’avvocato, in passato aveva già seguito bambini stranieri e aveva ospitato, per alcuni mesi ogni anno per dieci anni, una ragazzina che non ha mai riscontrato problemi.