Home Attualità Bisogna andare oltre l’insegnante di sostegno, il modello dell’inclusione deve essere rivisto

Bisogna andare oltre l’insegnante di sostegno, il modello dell’inclusione deve essere rivisto

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Intervenendo a Rimini in occasione Convegno sui temi dell’inclusione promosso da Erickson, Raffaele Iosa, già ispettore tecnico e responsabile dell’Osservatori nazionale sull’handicap, ha preso in esame la legge delega per la disabilità presentata a fine ottobre dal Governo.
“Nel testo di tale proposta di legge – ha sottolineato Iosa – sono presenti due paradigmi estremamente importanti: la centralità strategica dell’ICF come guida, non solamente per chiedere posti, ore e assistenza, ma per il progetto alle persone e la centralità, quindi, del progetto di vita, che è il secondo paradigma. È possibile quindi che questa legge, se ben orientata e attuata nei decreti applicativi, possa permettere di superare la strana distinzione che viene effettuata tra il PEI, di competenza delle scuole, e il Progetto di Vita, di competenza dei comuni”.
“Il progetto di vita dell’essere umano – ha aggiunto – è uno solo: il PEI è un pezzo di quel progetto che rappresenta la partecipazione della scuola nel periodo della frequenza scolastica. Il problema è che nel progetto di legge delega di cui stiamo parlando non è presente l’istruzione”.

Superare il modello del sostegno

L’ex ispettore è poi passato ad illustrare per sommi capi tre aggiunte che a suo parere dovrebbero essere inserite nel progetto di legge non appena inizierà il percorso parlamentare.
“La legge delega – ci spiega Raffaele Iosa – fornisce una cornice del tutto condivisibile, ma secondo me dovrebbe essere anche l’occasione per parlare di nuovo di inclusione scolastica”
Le proposte di Iosa, che entreranno nella mozione finale del convegno che sarà divulgata a fine mese, è a dir poco esplosiva: “La prima riguarda il superamento del sostegno così com’è stato gestito fino ad oggi. Non si può più andare avanti così, sia in termini di formazione di tutti gli insegnanti sull’inclusività sia come modello organizzativo; si deve andare oltre all’insegnante di sostegno ricollocando questa figura tra gli insegnanti inseriti sui cosiddetti posti comuni, anche per evitare la distorsione dell’utilizzo del sostegno non come inclusivo ma come “isolativo”, fino a correre il rischio di una riproposizione, in forma diversa, di scuole speciali o para speciali che prendono vita negli stessi spazi scolastici in aule più o meno dedicate riservate agli alunni con disabilità e al personale che, anche se non dovrebbe, si occupa solo di loro”.

La transizione alla vita adulta

Ma c’è anche dell’altro: “Il secondo punto, che riguarda in particolare la scuola secondaria superiore, è il tema della transizione alla vita adulta. Il progetto di legge delega, infatti, parla molto del lavoro per la realizzazione dell’autonomia della persona, ma non tratta lo snodo cruciale del passaggio dalla scuola alla vita adulta che rimane un “buco nero” e quindi noi proponiamo che questa legge miri a rafforzare il rapporto tra le legge 68/1999, relativa all’inserimento lavorativo, e la scuola superiore che dovrà operare con maggiore profondità su questa strategica questione, ritrovando anche un suo ruolo centrale nell’inclusione scolastica e uscendo dalle gabbie degli odiosi “obiettivi minimi” e dei percorsi “differenziati”, “equivalenti”, e così via, dimenticando qual è il problema vero di quelle ragazze e di quei ragazzi”.

Statalizzare educatori ed assistenti 

Per concludere con un’ultima questione, della quale si era già parlato in occasione del precedente Convegno Erickson del 2019:
“Bisogna attuare al più presto la statalizzazione della funzione di assistenza per l’autonomia e la comunicazione. In questi due anni abbiamo lavorato molto a questa questione e abbiamo curato anche la stesura di uno specifico e autonomo disegno di legge. Adesso pensiamo che tale questione possa essere inserita tra gli indirizzi della legge delega sulla disabilità”.