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Bufale sul part-time

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Leggo diversi commenti sull’articolo riguardante il doppio lavoro dei liberi professionisti nelle scuole.
Tanto per cominciare, l’attività libero-professionale subisce già una notevole restrizione, in quanto è soggetta all’autorizzazione obbligatoria, salvo in caso di part-time al 50%. L’autorizzazione è obbligatoria e
qui cade il secondo equivoco, attualmente il part-time al 50% non è soggetto ad autorizzazione (molti dirigenti se ne dimenticano o non lo sanno), ma ad una semplice comunicazione dell’attività svolta, proprio perché il legislatore ha valutato (correttamente) che i principi di “buona amministrazione” (vedere un pò di diritto amministrativo, grazie) siano garantiti tanto dall’appartenenza “all’ufficio pubblico”, tanto dalla competenza che si acquisisce in contesti di lavoro esterni e che può essere un valore aggiunto se tale competenza si riversa nel lavoro da dipendente.
In sostanza, al posto di una miope scelta di stampo savoiardo-statalista (per cui i corpi intermedi e la società civile sono da governare e non parte del Governo della res publica), una scelta di knowledge management oculato, di valorizzazione delle competenze, di dialogo tra culture professionali, di attivazione di processi cibernetici di secondo livello.
In una scuola ingessata (l’espressione non è mia), non è un caso quindi che il part-time è visto spesso come un problema e non come un’opportunità. Distruggiamo quindi anche questa riserva di expertise, dissipiamo il “capitale umano” della scuola, costringendo i professionisti a lasciare un mondo che spesso amano e che vorrebbero veder crescere. Chi ci rimette è la scuola e non certo il professionista.