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Caro Mario Lavia ti scrivo…

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Il noto giornalista Mario Lavia, in un recente dibattito (nella trasmissione Agorà andata in onda su Rai Tre il 19 agosto 2015 ) sull’assegnazione fuori regione delle cattedre per l’insegnamento nella Scuola Pubblica, ha contestato gli insegnanti italiani suggerendo loro:  “andate a lavorare ”.

A Lavia bisognerebbe  far capire che scegliere la professione di insegnante è idealmente il frutto di una consapevolezza e di un reale interesse per tale attività. Tra le caratteristiche personali che dovrebbero contraddistinguere una persona che decide di dedicarsi all’insegnamento vi è quindi in primo luogo l’aspetto della motivazione verso l’attività docente. Inoltre, poiché la scuola deve confrontarsi con una realtà complessa contraddistinta da rapidi cambiamenti, è pure importante che l’insegnante sia motivato verso l’innovazione e contribuisca alla sua attuazione a tutti i livelli del contesto scolastico.

Motivazione e attitudini caratterizzano in maniera particolare ogni insegnante al momento dell’entrata in servizio e giocano un ruolo rilevante, nell’ottica di un impiego pluriennale in un ambito professionale nel quale aspetti quali la socializzazione o la comunicazione hanno grande importanza e in cui l’atteggiamento nei confronti della flessibilità o della collaborazione fra colleghi può giocare un ruolo consistente negli anni a venire. Aspetti, quali ad esempio la socializzazione e la comunicazione, l’apertura verso la cultura e le sue manifestazioni, l’attitudine alla gestione di conflitti, oppure le attitudini a livello di gestione e conduzione di gruppi e di situazioni, sono di particolare rilievo. Inoltre sicuramente Lavia sa che  “in Giappone gli unici cittadini che non sono obbligati ad inchinarsi davanti all’imperatore sono gli insegnanti. Il motivo è che i giapponesi sostengono che senza insegnanti non ci possono essere imperatori“. 

Riflessioni che evidenziano la saggezza orientale  con una punta di comprensibile orgoglio, mentre  in una Italia  torpida, presuntuosa e sempre più barbara, la caccia all’insegnante sembra essere un sport di moda