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Caro Matteo, è giunto il momento di porre fine al precaricidio scolastico: svuotiamo le Graduatorie ad Esaurimento

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Caro Matteo, adesso veniamo ai fatti e aiutaci a cambiare le infernali G.a.E. da sub specie aeternitatis in esaurimento effettivo. Se nell’infinitudine di queste maledettissime e ipertrofiche Graduatorie ad Esaurimento, si enuclea il problema centrale della politica scolastica relativa al precariato, rimane chiaro che per uscire da questa dimensione crepuscolare di forte disperazione, il Miur non può imbarcare altro precariato abilitando personale a cadenza annuale. 

Per via di limiti intrinseci ed evidenti, a iniziare dal lungo percorso di accreditamento delle aspettative e dei diritti acquisiti nel tempo, sino a quando non si garantirà alla pletora di abilitati storici (migliaia di 35-50enni) la nomina in ruolo, l’intera struttura del reclutamento docenziale rimarrà in uno stadio di rigor mortis perpetuo. Siamo stanchissimi e nauseati di sentire dispensatori di ricette didattichesi e pseudo laboratoriali in salsa inglese, nonché venditori di disperazione così tanto attratti alla poltrona quanto poco attinenti all’economia di pensiero del sistema scuola , che vagolano e trattano sull’organizzazione della suddetta, sulla preparazione e sulla valutazione dei/le docenti senza conoscere un minimo di cultura pedagogica, di processo educativo e formativo, e ancor meno del rapporto conoscitivo, pratico e intenzionale dell’individuo (docente e alunni/e) con l’ambiente-scuola. 
Qual è il vissuto di costoro nella Scuola? Perché si fanno portatori ed esecutori di istanze finali fallendo puntualmente quasi tutto? Il precariato scolastico odierno è divenuto una sepoltura anonima, un insulto estremo che umilia l’intera Scuola e non solo, il cui corpo docente non di ruolo è stato dissanguato e intrappolato nelle schizofreniche graduatorie provinciali e viaggia verso un pericoloso pun to di non ritorno con le proprie necessità, sempre più inscritte entro il peggioramento delle semplici norme previdenziali e occupazionali, nel logoramento fisico e psichico e nella precarietà più cronica – in sintesi, più di 40 contratti di lavoro da fame e una futura pensione indicibile, blocco del turnover = molti 40-50enni che non riescono a stipulare nemmeno un contratto mensile!-. Siamo divenuti curvature esistenziali deturpate da umiliazioni senza tregua, vittime di un corto circuito occupazionale allucinante tipicamente italiano. 
Caro Matteo, se “per valutare la speranza bisogna misurare il futuro”, ti rammentiamo attraverso questa bella locuzione, che il periodo che va dall’apocalittica triade Tremonti- Gelmini-Aprea, tesa a potature lineari e proterve dichiarazioni, alle disastrose riforma Fornero e prospettiva del taglio di un anno alle superiori (migliaia di cattedre da polverizzare ancora ?), i modi in cui la politica italiana ha sperimentato le sue debolezze e le sue incapacità nella scuola sono sconcertanti, direi necessarie a lasciarsi persuadere da una piano delirante e destabilizzante in atto. Ci chiediamo, a chi giova affidarsi alla tecnopolitica su queste inderogabili emergenze? È dal 2008 che ascoltiamo campane a morto e messe da requiem, con la conferma di una scuola miserevolmente derelitta, che grida al nuovo governo di turno di non raggrumarsi intorno a pressioni di taluna o talaltra correntuccia politica e ai sortilegi di palazzo, ma a protezione della sfera scolastica, contro i continui attacchi dell’ incompetenza e del sedicentismo supercazzolato italico. Appare di tutta evidenza, tra l’altro, che i problemi e le risoluzioni della Scuola italiana devono rientrare in una realtà distinta e autonoma rispetto alla Ricerca e all’Università, perché rimangono differenti e necessitanti anzi tutto di una distinzione dei ruoli. Questi compiti istituzionali concernenti la Scuola possono e devono passare ad altri, quali ad es. noi docenti, che per competenze e conoscenze sono di gran lunga gli interpreti più convenienti alla stessa Scuola. Ebbene, perché non coinvolgerci seriamente sul rilancio dell’Istruzione? 
In questo idilliaco quadro, occorre altresì rilevare un ultimo dato estremamente significativo che riverbera a modo sulle debolezze della nostra generazione, la quale, sempre più depoliticizzata è divenuta atarassica e minchiona, incapace di unire le forze e agire per comuni scopi, a iniziare dal Diritto supremo della Costituzione italiana: il Lavoro! Caro Matteo, non ci aspettiamo una nuova forma di messianismo italico profetato e rivelatrice di ricette matafisiche certe, ma qualche forte scossone progressista sì, atta a riconsegnare quel lavoro che ci è stato delinquenzialmente sottratto, prima che la rassegnazione ceda il passo alla collera e quest’ultima a qualcosa purtroppo di più brutale, come la Storia ci ha indicato e insegnato molto bene attraverso il suo incedere nel tempo. Con molta stima