
Con l’arrivo dell’estate ritorna il problema di molti genitori : a chi lasciare i figli una volta finite le lezioni a scuola? Una madre di Lecco si è sfogata sui social e la sua riflessione ha sollevato un polverone. Lo riporta Fanpage.
“Non è un lusso, ma una necessità”
“Per raccogliere i soldi sono stata costretta a chiedere un prestito, da soli non ce l’avremo mai fatta. Ho fatto una colletta tra parenti, amici e zii, solo così sono riuscita a racimolare la cifra necessaria per mandare la mia bimba al centro ricreativo diurno: come se fosse un lusso, e non una necessità. All’inizio mi sono vergognata, ma poi ho capito che non posso sentirmi in colpa per le carenze delle istituzioni”, queste le sue parole.
“Il sindaco non può purtroppo fare nulla per aiutarci perché il centro estivo non è gestito dal Comune e le impiegate della Fism, da cui mi sono sentita veramente supportata, mi hanno spiegato che non ricevono alcun tipo di contributo statale e quindi devono spalmare i costi delle educatrici sulle rette delle famiglie, che già faticano ad arrivare alla fine del mese. L’unico diritto che mi è rimasto è quello di esprimere la mia opinione. Dobbiamo fare qualcosa, in tanti si trovano nella mia stessa situazione. Genitori lavoratori che non dispongono di risorse economiche sufficienti come noi, che non possono contare sull’aiuto di parenti o nonni. Il diritto all’educazione e alla socializzazione dei bambini deve invece essere garantito a tutti, indipendentemente dalla condizione economica”, ha aggiunto.
La risposta del Comune
La risposta del Comune non si è fatta attendere, con le parole di Alessandra Durante, assessora alla Famiglia, giovani e comunicazione del Comune di Lecco: “Il tema dell’impatto del periodo estivo sulla vita delle famiglie merita una riflessione seria a tutti i livelli istituzionali”.
“Serve rivedere il calendario scolastico nazionale, distinguendo tra tempo didattico e tempo educativo. La scuola non può essere pensata solo come luogo di apprendimento, ma anche come presidio sicuro e garantito per la conciliazione, l’integrazione e la continuità educativa, in particolare per le fasce più fragili, che oggi rischiano di essere escluse per oltre tre mesi all’anno da contesti aggregativi frequentati dai coetanei”, ha concluso Durante. “Come Amministrazione continueremo a fare la nostra parte, ma abbiamo bisogno che anche a livello regionale e nazionale si affronti questa sfida con determinazione e visione”.
La petizione per modificare il calendario scolastico
La questione è stata affrontata anche dalle mamme influencer di Mammadime**a, che da tempo si battono per la modifica del calendario scolastico: “I centri estivi sono diventati un lusso, tipo brunch nel weekend o il silenzio in casa, costano come un viaggio alle Maldive per stare in una palestra con 40 gradi, a fare collage coi legumi secchi. Non è normale dover scegliere tra stipendio e figli d’estate. Urgono soluzioni collettive”.
Le due hanno lanciato mesi fa una petizione online, denominata così: “RISTUDIAMO IL CALENDARIO! Un nuovo tempo scuola NON è più RIMANDABILE”.
“Il calendario scolastico era stato studiato per consentire ai bambini di aiutare i genitori nei campi, va rimodulato. Siamo ancora fermi all’Ottocento e alla riforma agricola. Siamo il paese europeo con più giorni di frequenza scolastica ma siamo il Paese che chiude per più settimane consecutive la scuola“.
“Questo comporta una perdita di competenze enorme per i bambini, si parla di summer learning loss. A settembre assistiamo ad una ripresa lenta e a singhiozzo, si riprende a pieno ritmo circa due settimane dopo la riapertura. Chiediamo che le scuole restino aperte a giugno, a luglio con un’offerta formativa del terzo settore. Questo si porta dietro un ripensamento della didattica, che non può essere più statica, e dei luoghi dove fare scuola, una revisione dell’edilizia scolastica”.
“Questa chiusura prolungata accentua le differenze sociali: i figli delle classi agiate fanno viaggi di formazione, gli altri saranno parcheggiati a casa davanti la televisione o in strada. Il nostro è uno dei sistemi più stressanti del mondo, gli eccessivi carichi di lavoro concentrati nello stesso periodo di tempo, infatti, comportano effetti negativi non solo sul rendimento scolastico, ma anche sul benessere psicofisico”, così scrive il duo sulla pagina della petizione. Questa è arrivata a 35mila firme, 15mila pervenute soltanto negli ultimi due giorni.