Home Politica scolastica Certificazione antipedofilia: ci sono anche casi complessi

Certificazione antipedofilia: ci sono anche casi complessi

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Il decreto legislativo 39 in materia di prevenzione di abusi sui minori non mancherà di creare difficoltà interpretative e applicative.
A leggerlo con attenzione ci si rende conto che i problemi sono più di uno.
D’altra parte il provvedimento è stato adottato dal Governo dopo aver acquisito il parere delle Commissioni parlamentari che, per la verità, non hanno dedicato troppo tempo ad esaminare i diversi risvolti.
Per esempio al Senato sullo schema di decreto le sedute sono state pochissime e tutte di brevissima durata.
Un po’ più di attenzione c’è stata alla Camera, dove è stata proprio la Commissione Giustizia a inserire nell’articolo 2 la disposizione che prevede la sanzione di 10-15 mila euro per i datori di lavoro che non ottemperano all’obbligo di richiedere copia del certificato del casellario giudiziale.
Le perplessità, comunque, sono molte. Infatti mentre per il personale dipendente (temporaneo o a tempo indeterminato) la procedura potrebbe essere abbastanza semplice e chiara come abbiamo già scritto, più complessa si presenta la vicenda del personale volontario e degli esperti esterni che operano nelle strutture scolastiche.
I casi sono molteplici e molto spesso diversi fra di loro.
Proviamo a vedere.
Intanto ci sono gli operatori che vengono messi a disposizione dagli Enti Locali per l’assistenza agli alunni disabili, ma ci sono anche gli operatori dei servizi di mensa scolastica oppure gli “animatori” dei servizi integrativi (i cosiddetti pre e post-scuola). In tutti questi casi, a nostro parere, la certificazione va richiesta non dalla scuola ma dall’ente da cui dipendono gli operatori stessi; prudenzialmente, però, sarebbe opportuno che la scuola segnalasse all’ente la necessità di provvedere a tale adempimento.
Per gli esperti retribuiti direttamente dalla scuola potrebbe invece essere sufficiente seguire la stessa procedura utilizzata per il personale supplente, con l’avvertenza di non trascurare la necessità di effettuare qualche controllo a campione.
Più complessa appare la posizione del personale volontario facente parte di associazioni o cooperative che spesso opera nelle scuole. Qui si tratta di capire se la scuola ha un rapporto diretto con l’operatore o se opera in regime di convenzione con l’associazione: in questo secondo caso la certificazione andrebbe richiesta dalla associazione, mentre nel primo caso l’adempimento toccherebbe alla scuola.
C’è infine un problema di carattere più generale: la legge dice esattamente che il certificato “deve essere richiesto dal soggetto che intenda impiegare al lavoro una persona..”
Non è detto, insomma, che il rapporto di lavoro o di collaborazione debba essere perfezionato.
A questo punto qualunque datore di lavoro (pubblico o privato) potrebbe accedere al casellario giudiziale di chiunque semplicemente dichiarando l’intenzione di voler costituire un rapporto lavorativo (anche a titolo di volontariato) con la persona in questione.
Si tratta di una evidente stortura su cui non c’è bisogno di soffermarsi troppo. C’è da augurarsi che in sede applicativa vengano previsti degli accorgimenti (potrebbe bastare, per esempio, l’obbligo per il datore di lavoro di dare comunicazione della richiesta anche alla persona interessata e l’impossibilità, per gli uffici giudiziari, di fornire certificati in mancanza di tale comunicazione).