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Cgia Mestre: rispetto alle tasse, in Italia modesta la spesa per istruzione e salute

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Appena 664 euro pro capite: è questa la quota, in termini di spesa sociale, che l’Italia concede ai propri cittadini se si considera la richiesta annua media in termini di tasse e quanto viene corrisposto loro sotto forma di servizi. Che comprendono, oltre alla sanità e la protezione sociale, anche l’istruzione pubblica. Un servizio che, vale la pena ricordare, fa parte dei doveri che lo uno Stato moderno deve organizzare per soddisfare le esigenze formative della propria popolazione.
La quota in attivo, rilevata dalla Cgia di Mestre e riferita al 2009, appare davvero misera. Per determinarla il sindacato- associazione degli artigiani e delle piccole imprese ha detratto dagli 8.023 euro assegnati mediamente ad ogni cittadino per la spesa sociale ed il peso tributario annuo (fatto di sole tasse, imposte e tributi), pari a 7.359 euro, che grava su ciascun italiano. L’investimento diventa ancora più modesto se lo confrontiamo con Paesi a noi culturalmente e geograficamente vicini.
In Germania, ad esempio, la quota di tasse pro capite ha raggiunto i 6.919 euro, ma poi ne ricevono ben 9.171 come garanzie sulla qualità della vita. Tra i principali paesi dell`area Euro solo la Francia sta peggio di noi. Ma si tratta di una situazione relativa, perché i cugini transalpini versano una media di 7.438 euro di tasse allo Stato, però vengono “ricompensati” con una spesa per sanità, istruzione e protezione sociale pro capite pari a 10.776 euro. Il risultato è che da noi l’attivo è di meno di 700 euro, che corrisponde a 1.148 euro in meno della Germania. E soprattutto a 2.753 euro in meno della Francia, dove il dato positivo, a favore dei cittadini, è pari a 3.339 euro.
E` innegabile – ha commentato Giuseppe Bortolussi, presidente della Cgia – che il problema dell`evasione fiscale pesi sull`Italia. Ma allora sarebbe anche opportuno studiare una strategia efficace affinché venga fatta emergere l`economica sommersa e si faccia pagare chi è completamente sconosciuto al Fisco“. Con quei soldi si potrebbe così finalmente investire di più sulla salute, prima di tutto, ma anche sulla formazione scolastica. Innalzando, in tal modo, la quota di investimento per l’istruzione in rapporto al Pil. Un’altra nota dolente, che se confrontata con quelle d’oltre confine, stavolta nemmeno necessariamente più vicine, ci vede costretti quasi sempre a rincorrere.