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Concorso docenti, per accedere basterà la laurea ed i 24 CFU. Prima del ruolo solo un anno di FIT

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La legge di bilancio 2019 interviene su diversi punti del comparto scuola, specie su alcuni aspetti della legge 107. In base alla bozza relativa alla prossima manovra, ci saranno alcune novità per quanto riguarda il reclutamento degli insegnanti.

Concorso aperto ai laureati. Restano i 24 CFU

Viene pertanto confermato quanto anticipato dal ministro Bussetti negli ultimi mesi: per diventare insegnante, bisognerà partecipare al concorso, a cui si potrà accedere soltanto con la laurea.

“Voglio svecchiare la classe dei docenti. Più giovani in cattedra con regole chiare. Chi vince il concorso deve essere certo di insegnare non entrare in un ginepraio di corsi e ricorsi senza avere la certezza del posto fisso”, aveva detto in precedenza il numero uno di viale Trastevere. In effetti, così dovrebbe essere.

L’unico aspetto discordante rispetto a quanto anticipato dal Ministro, riguarda i 24 CFU: Infatti, i 24 CFU, in base alle dichiarazioni di Bussetti, sarebbero potuti diventare titolo aggiuntivo e non più requisito d’accesso. Questa testata ha raccolto a tal proposito le lamentele degli aspiranti docenti che già avevano acquisito i 24 CFU.

A quanto pare, i 24 Cfu nelle “discipline antropo-psico-pedagogiche e metodologie e tecnologie didattiche” per partecipare ai concorsi della scuola secondaria, come previsto dal Decreto Legislativo n. 59/2017, resteranno invece requisito per l’accesso al concorso. Scelta senza dubbio dettata dai possibili ricorsi che il dicastero avrebbe incassato da tutti quei candidati che nell’ultimo anno si sono premurati di acquisire i crediti.

Le prove

Per accedere al concorso, che è previsto già dal 2019, serviranno quindi la laurea ed i 24 CFU. Il concorso sarà strutturato, in base a quanto riporta Italia Oggi, in tre prove, composte da due scritti ed una prova orale, per il posto comune, mentre per il concorso sui posti di sostengo è previsto uno scritto a carattere nazionale e un orale.

Il primo scritto sarà valutato come superato con una valutazione di sette decimi, il suo superamento è necessario per accedere alla seconda prova, che è superata sempre con sette decimi.
La prova orale, oltre a valutare le conoscenze nelle materie di competenze, verificherà la conoscenza di una lingua straniera europea almeno al livello B.

Ogni commissione pubblicherà la propria graduatoria per chi ha superato le prove, sommando i punteggi ai titoli.

La graduatoria avrà validità biennale e comunque perderà validità con la pubblicazione della successiva.

Ogni graduatoria avrà al massimo un numero di vincitori pari ai posti messi a concorso.

Valutazione titoli

Per quanto riguarda la valutazione dei titoli, che saranno poi precisati in un successivo decreto del ministero, viene stabilito che nella tabella dei titoli accademici scientifici e professionali valutabili, “comunque in misura non superiore al 20% del punteggio complessivo”… “dovrà essere valorizzato il titolo di dottore di ricerca, il possesso dell’abilitazione specifica già conseguita attraverso percorsi selettivi di accesso, il superamento di prove di un precedente concorso”.

Il futuro decreto ministeriale, stabilirà la costituzione di una commissione di esperti per la definizione delle tracce delle prove d’esame e delle relative griglie di valutazione.

Una volta superate tutte le prove del concorso ed il conseguimento dei punteggi minimi previsti, scatta in automatico “l’abilitazione all’insegnamento per le medesime classi di concorso”.

Un solo anno di FIT e permanenza sullo stesso posto

Ma la novità forse più importante di questo nuovo reclutamento, riguarda il taglio del FIT, che passa da tre ad un solo anno.
Di conseguenza, una volta superato il concorso, i vincitori saranno ammessi ad un anno di prova e formazione da supplente (FIT), al termine del quale l’insegnante entrerà di ruolo.

Al termine di questo anno, però, una volta abrogata la titolarità su ambito, che tornerà quindi su scuola, prima di entrare di ruolo, il docente dovrà conseguire un giudizio positivo nel corso dell’anno di prova e formazione.
Al termine di ciò, questo verrà assunto sullo stesso posto e nella stessa scuola della prova dove dovrà restare però per almeno 4 anni, salvo esuberi.

Precari con 36 mesi di servizio

Tramonta quindi, in base alla bozza, l’idea di una procedura ad hoc destinata ai precari senza abilitazione che però possono vantare 36 mesi di servizio negli ultimi 8 anni. Per questi soggetti, sarebbe prevista una riserva del 10% dei posti messi a concorso.