Home I lettori ci scrivono Contratto scuola: è il solito vecchio copione

Contratto scuola: è il solito vecchio copione

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Puntuale come ogni anno, il refrain della contrattazione giunge, e le porte dell’ARAN si aprono (non spalancano) per un copione ormai stagionato.
Ad ogni appuntamento c’è sempre una giustificazione per le briciole delle briciole che restano sul tavolo della trattiva. E questa volta sicuramente i 25miliardi che la ns Presidente del Governo ha pensato bene di richiedere per essere pronti ad una eventuale guerra. E quindi nessuna illusione di una parificazione con i colleghi europei, mentre l’inflazione cavalca, e la sopravvivenza alla sopravvivenza resta sempre più un filo sottile fragile: fortunatamente c’è la Caritas.
Chi scrive è quasi al soglio della conclusione della sua esperienza scolastica e di acqua ne ha vista passare sulle strade del feriale, ma mai mai come da anni questa acqua è così sporca, putrida, e spesso a causa di chi svende e quindi si vende tradendo il mandato di coloro che han creduto nella loro istituzionale ambasceria, anche se alcuni avvertono l’urgenza di non mancare a impegni presi solennemente, e soprattutto perché la Scuola è un mondo composto da tanti arcipelaghi, bagnati tutti da un unico mare che è la fedeltà alla propria missione, al proprio giuramento di Ippocrate, a
qual lavoro quotidiano che non è solo il distribuire pillole di nozioni, ma comunicatori di valori, profferenti di speranza in un Domani che già oggi appare molto opaco, e soprattutto “compagni” adulti di piedi delicati fragili insicuri ma così pieni di voglia di correre, segno di una spensieratezza che nessuno può svisare (oltre al lavoro burocratico e pomeridiano, quello che nessuno conosce o vede…).
Prendiamo meno di un operaio, e tra un po’ meno di un extracomunitario sudato, bagnato, stanco, sfruttato, nelle terre dei raccolti stagionali.
Dinanzi ad una sì tale realtà (dire verità mi parrebbe troppo pretestuoso e presuntuoso), il mio è un grido che vorrebbe invitare ad indossare i gilè gialli a tutti coloro che della Scuola ne sono gli operai della messe, incoraggiandoli alla non rassegnazione, bensì all’UNITA’, come uniti sono i metalmeccanici, i ferrovieri, e altre realtà lavorative, perché è l’unico modo che forse potrebbe portare almeno a porsi qualche domanda, da parte di chi decide, che non è affatto vero che a noi va bene la qualunque.
E, inoltre, combattere uniti per una procedura più semplificata (il Doppio Canale, e esaurimento di tutte le graduatorie prima di inserire dei nuovi candidati) per chi vuole intraprendere la professione di docente, il tutto lontano da questo mercato e questo merciume economico che oltre modo tradisce il dettato ed il mandato costituzionale, generando una scala che trova all’apice chi può permettersi un corso, una abilitazione, i famosi 24, 30, 60 CFU, una specializzazione, e chi nemmeno un prestito può contrarre. E magari è una persona valida.
Ci sarebbe da scrivere moltissimo sulle procedure concorsuali, su questo spettacolo di cattivo gusto che la Scuola è obbligata a subire e magari applaudire, perdendo quella bellezza per la quale in molti indirizzavano il sogno forse bambino, e non come accade oggi che si percepisce quale ultima spiaggia, in questo immenso innumerevole precariato, come precario è il tutto che viviamo, ma non ancora bastevole a spegnere la speranza, senza la quale il mondo stesso, la vita stessa sarebbe un lume spento.
Concludo, con le parole con le quali ho chiuso una passata riflessione: […] quando ci risvegliamo e cominciamo a guardare la vita con occhi diversi. […] quando sentiamo che tutto ci riguarda/ quando crediamo che tutto sia ancora possibile/ quando sogniamo una nuova umanità che non faccia più guerra alla pace […].
Perdonatemi se sono ancora un sognatore.

Mario Santoro