Home Attualità Coronavirus e didattica a distanza: serve solo il buon senso

Coronavirus e didattica a distanza: serve solo il buon senso

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Per tutti le emergenze non sono emergenze.

Sta facendo discutere il caso, ma credo non sia l’unico, sollevato ieri da Gian Antonio Stella sul Corriere a proposito della netta opposizione di un solo docente, in una scuola trentina, spalleggiato dalla UIL, alla proposta della didattica a distanza.

Sta facendo discutere perché, in realtà, in tutte le scuole presidi e docenti e personale si stanno attivando per favorire questa tipologia didattica, vista la sospensione delle lezioni decisa nel decreto del governo uscito domenica sera.

Lo so, sarebbe giusto un passaggio in Collegio dei docenti, perché è compito del Collegio l’articolazione della didattica, ma non tutte le scuole hanno la possibilità di un Collegio in streaming. Così più che una deliberazione quella della didattica digitale resta una proposta. Ma una proposta che chiede e pretende una risposta positiva, visto il quadro generale.

Il buon senso sta dicendo, cioè, che questa variante della didattica, che non può, lo sappiamo, sostituire la vita di classe, se non in casi particolari, è cosa buona e giusta.

Resta la difficoltà di coordinamento, anche dal punto di vista degli studenti. Ma credo, ancora, che un po’ di buon senso riesca sempre a venire incontro alle immancabili difficoltà.

E’, poi, noto che la didattica a distanza a scuola la pratichiamo già: penso ai ragazzi in ospedale, oppure quando sono costretti a casa (via skype), con protocolli già articolati e condivisi.

In questi momenti, lo devo confessare, diventa sgradevole leggere, invece, prese di posizione che ben poco hanno di ragionevolezza, vista l’emergenza in corso.

Lo dico perché so del fastidio che mi hanno confessato esponenti sindacali di altri comparti nei confronti dei loro colleghi sindacalisti del mondo della scuola.

Non parlo di tutti i sindacati, né di tutti i sindacalisti.

Ma la cosa resta sgradevole perché pone in primo piano, finalmente, la questione centrale, che va oltre i contratti di lavoro: il cuore della scuola non sono i docenti, non sono i presidi, non è il personale, ma sono gli studenti. E’ il servizio agli studenti e alle loro famiglie.

Ecco, dovremmo tutti cogliere l’occasione per ripensare, ai vari livelli, a cosa voglia dire “centralità dello studente”, di contro a quell’assistenzialismo che è, ancora oggi, lo sfondo del mondo del lavoro nelle scuole.

Un’emergenza, quindi, che costringe a ripensare questo nostro mondo del lavoro, oltre i pregiudizi che da anni imperano. Il quale non premia, non riconosce il merito di chi lavora, ma si preoccupa solo di garantire l’intoccabilità di chi non è in prima linea per competenza, impegno, passione, dedizione. L’assistenzialismo, appunto.

Credo, per chiudere, che dirci ogni tanto un po’ di sana verità non faccia mai male a nessuno.

 

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