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Decreto reclutamento e formazione bocciato anche da un ex Capo dipartimento del Ministero

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Una mezza bocciatura delle misure sul reclutamento e formazione contenute nel decreto legge 36 arriva anche da Giuseppe Cosentino, esperto di politiche dei sistemi formativi, già direttore generale del personale e poi capo del Dipartimento Istruzione del MIUR.
Cosentino ha raccolto le sue osservazioni in un ampio documento divulgato in queste ore da Cisl Scuola; le critiche sono duplici e riguardano sia il metodo sia il merito.

Decreto senza dibattito

L’ex direttore generale segnala innanzitutto come su un decreto così importante non ci sia stato “un adeguato dibattito preventivo, né, tanto meno, un coinvolgimento delle parti sociali, pur trattandosi di materie che riguardano, almeno in parte, la disciplina del rapporto di lavoro, il salario, la formazione, lo sviluppo professionale”.
E’ vero, ammette Cosentino, che il Governo ha dovuto fare in fretta anche a causa dei tempi legati attuazione del PNRR, “ma – osserva – i danni che si producono per una riforma sbagliata, sollecitata da ragioni esterne, non sono comunque meno onerosi, come dimostrano del resto parecchi precedenti”.
Gli stessi impegni assunti dall’attuale Governo con il “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale” del 10 marzo 2021 – ricorda Cosentino – sono stati disattesi, esponendo le disposizioni contenute nel decreto al rischio di essere riviste se non addirittura abrogate da future norme contrattuali.
La considerazione, però, non è solamente di carattere giuridico-formale; c’è una questione politica e culturale più generale: “L’esperienza di molti processi di innovazione, infatti, soprattutto nel sistema scolastico – caratterizzato da un ruolo forte e ‘costituzionalizzato’ dell’autonomia delle scuole – rende evidente che ‘fare le riforme’ non significhi solo fare ‘leggi di riforma’, ma avviare processi, lunghi e complessi, di implementazione che partano dalle esperienze e dai bisogni reali delle scuole e vedano nelle disposizioni legislative lo stimolo e, nel contempo, la valorizzazione dei modelli didattici più efficaci praticati nel concreto svolgersi dell’esperienza scolastica”.

Le nuove regole sul reclutamento

In materia di reclutamento il decreto presenta – secondo Cosentino – non pochi elementi di criticità.
Da un lato, infatti, il decreto “limita al fabbisogno previsto in organico di diritto il numero dei posti annualmente attivabili nel sistema di formazione inziale, finalizzato al conseguimento dell’abilitazione” e dall’altro “nega esplicitamente la possibilità, senza concorso, dell’immissione in ruolo dei docenti abilitati”.
L’idea, insomma, è quella di poter “bloccare il rinnovarsi del precariato, impedendo da un lato la creazione di nuovi abilitati senza posti in organico di diritto, dall’altro l’aspettativa, per i docenti comunque abilitati e in servizio da più anni, di ottenere un canale di immissione in ruolo legato all’esperienza professionale, oltre che, ovviamente, alla verifica, attraverso l’abilitazione, delle capacità richieste”.
“Si tratta di un obiettivo – conclude in proposito l’ex Capo Dipartimento – più volte posto dalla politica anche in passato, che, a tal fine, ha previsto ovviamente norme transitorie, come quelle della creazione di ‘graduatorie ad esaurimento’ (gae) sostitutive di quelle ‘permanenti’, che avrebbero dovuto essere appunto ‘l’ultima sanatoria’ prima di eliminare definitivamente il precariato. Sappiamo com’è finita”.
La soluzione potrebbe essere quella di “un sistema strutturato di immissione in ruolo, su una percentuale di posti vacanti, attraverso concorsi ‘per titoli’ destinati a docenti abilitati, in servizio da più anni, offrirebbe invece una prospettiva reale per coloro che, abilitati, comunque lavorano da anni nella scuola senza demerito. Inoltre tale prospettiva consentirebbe un loro pieno coinvolgimento nell’attività della scuola, nella dimensione collegiale della programmazione didattica e nelle iniziative di formazione, le quali ultime, allo stato, sono previste dallo stesso decreto n. 36 solo per i docenti di ruolo”.
Secondo Cosentino “il meccanismo del concorso sulla rimanente percentuale di posti servirebbe invece a consentire l’accesso più veloce ai giovani e ad una parte dei precari più motivati. Si uscirebbe in tal modo dalla logica emergenziale delle ‘sanatorie’ e si avvierebbe un sistema equilibrato di ‘doppio canale’, più aderente alla realtà e rispettoso anche del dettato Costituzionale, attraverso concorsi per titoli di servizio di docenti abilitati con una certa anzianità”.

La formazione “incentivata”

Per quanto attiene invece il tema della formazione, “appare evidente – scrive Cosentino – che la disciplina per legge, e senza confronto, dei contenuti e delle modalità della formazione e ancor più delle modalità di una remunerazione, peraltro eventuale, dell’attività aggiuntiva, costituiscono un vulnus alle prerogative sindacali in materia di contrattazione e appaiono destinati, per esperienza, a essere oggetto di successivi interventi abrogativi e modificativi nei prossimi contratti nazionali”.

Sviluppo di carriera

Altrettanto critica è la posizione di Giuseppe Cosentino sulla questione dello sviluppo di carriera; in merito viene ricordato che “già nel giugno 2004 Ministero e Sindacati diedero vita a una Commissione, attuativa dell’art. 22 del contratto allora vigente, per elaborare un’ipotesi di intesa in materia”.
Nel documento finale di quella Commissione veniva individuato uno sviluppo professionale del docente, con l’introduzione di una dinamica anche retributiva (non una tantum), cui ogni docente avrebbe potuto volontariamente aderire; lo sviluppo non sarebbe stato legato al solo indicatore dell’anzianità di servizio ma anche ad altri quali, l’esperienza, il sistema dei crediti, la formazione, gli incarichi professionali svolti”.
“Perché – conclude Cosentino – non riprenderla, quella proposta, come punto di possibile ripartenza per un proficuo percorso di innovazione condivisa?”