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Dietro al blocco del ddl Aprea il diktat della Lega: i voti al Sud sono gonfiati

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Sono due le conclusioni che si possono trarre dopo una giornata di polemiche, attacchi e smentite seguite alla proposta leghista di introdurre dei “test d`ingresso a carattere culturale e professionale” cui sottoporre gli aspiranti docenti al fina di capire se sono in grado di valorizzare i saperi e le tradizioni locali: la prima, come preannunciato su questo sito, è che dopo essere partito in “quarta”, con il sostegno generalizzato del Governo, il ddl Aprea sul riordino dello stato giuridico dei docenti sta vivendo un momento di crisi tanto da arrivare al blocco dei lavori del suo comitato ristretto in Commissione Cultura; il secondo è che finalmente la Lega ha spiegato, attraverso Paola Goisis, la deputata (proveniente dal Veneto ed ex insegnante) promotrice degli ultimi emendamenti che hanno mandato su tutte le furie i rappresentanti dell’opposizione e di una buona parte del Pdl, i motivi della ritrosia contro il personale scolastico del Meridione: “Noi chiediamo questa cosa – ha ammesso Goisis incalzata dai giornalisti – per dare agli insegnanti del Nord le pari opportunità con quelli del Sud, che sono sempre avvantaggiati sia per la laurea che per l`abilitazione”. Questo perché “i voti al Sud – ha sottolineato la deputata leghista senza mezzi termini – sono gonfiati. Sia per le università, che per le abilitazioni, sia per i master comprati”. Insomma, non solo al Meridione non si faticherebbe per prendere il titolo, ma poi si avrebbe anche la pretesa di andare ad insegnare. Per di più al Nord.
Tutto il resto, la disputa “condita” da attacchi frontali e trasversali, ma anche di smentite inattese fa parte della contrapposizione politica. Delle tantissime dichiarazioni rilasciate a seguito della proposta leghista vale la pena menzionare quella del capogruppo del Carroccio alla Camera, Roberto Cota: per chiudere la questione ha bacchettato coloro che hanno sollevato il polverone sostenendo che è “meglio conoscere il contenuto delle proposte prima di criticarle: il presunto esame di dialetto – ha detto Cota – è una bufala”. L’intenzione della Lega sarebbe stata travisata: il testo da inserire nel ddl di riforma avrebbe dovuto contenere solo una prova di verifica di elementi “propedeutici rispetto al superamento dei concorsi pubblici. Come si può evincere dal testo dell’emendamento – ha concluso il capogruppo della Lega – la prova dovrà riguardare uno spettro culturale ampio, non riconducibile alla banalizzazione fatta dai giornali”.
Il problema è che l’articolo 12bis proposto dalla Lega, alla lettera C del comma 3, riporta chiaro e tondo la necessità di verificare “l`accertamento della conoscenza e consapevolezza dei valori, degli scopi, degli obiettivi e dei requisiti generali dell`insegnamento”; una verifica che verrebbe realizzata dal Comitato di valutazione attraverso una prova-test sulla “conoscenza di una vasta gamma di strategie per promuovere l`educazione alla cittadinanza, alla legalità, alla salute e il rispetto delle proprie radici culturali”.
In effetti manca il riferimento al dialetto. Ma l’espressione appare chiara. Senza una conoscenza di base della cultura locale dove si vuole insegnare non si passa. Così chiara, e in disaccordo con l’attuale normativa, che la stessa Valentina Aprea (nota per le sue qualità diplomatico-mediatrici) avrebbe avuto una vibrante discussione con la Goisis. Discussione da cui è poi scaturita la sospensione dell’esame del ddl. Secco il commento della stessa presidente della Commissione Cultura alla Camera: “Nel disegno di legge – ha detto l’Aprea – è possibile inserire proposte congruenti per la realizzazione di una scuola migliore, ma non si può prescindere da un requisito: che siano tutte in accordo con la Costituzione italiana”. Un richiamo, quello alla Costituzione, che era stato fatto anche dal presidente dalla Camera, Gianfranco Fini, poche ore prima.
È un requisito che evidentemente nel Pdl in molti devono aver considerato mancante leggendo proprio l’articolo 12bis. Ma non è solo questa diatriba a preoccupare l’Aprea: “ci sono posizioni troppo distanti. Pd e Idv, ad esempio, avevano detto di voler lavorare ad un testo unificato, ma poi si sono sfilati”. Così dal presidente della Commissione Cultura è arrivato un segnale forte: visto che l’opposizione non intende collaborare, se si vuole far passare il ddl – con l’introduzione delle fondazioni del Consiglio di amministrazione e del Nucleo di valutazione, oltre che degli Albi regionali dei docenti da cui i presidi opererebbero la convocazione diretta, la cadenza dei concorsi triennale ad opera degli istituti, la tripartizione delle figure dei docenti e la nuova figura del vice-dirigente – è indispensabile che la maggioranza sia compatta. Mentre le cose stanno prendendo una direzione ben diversa: così se il buongiorno si vede dal mattino è allora meglio andare tutti in vacanza con qualche giorno in anticipo.