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Dimensionamento della rete scolastica

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La legge che guida i passi verso l’autonomia amministrativa, organizzativa e didattica delle scuole prevede che ciascun’istituzione abbia un minino di 500 alunni ed un massimo di 900.
Tale norma, recepita dalle Regioni e dalle Provincie ha determinato la necessità di rivedere la distribuzione delle istituzioni scolastiche nel territorio, attivando un presidio scolastico possibilmente in ogni Comune, di ridimensionare le istituzioni in funzione del numero degli alunni e nell’ottica del riordino dei cicli.
Sono già a lavoro le “conferenze provinciali” che hanno il compito di definire il piano di ridimensionamento della rete scolastica provinciale da presentare entro il mese di maggio agli Uffici regionali per la designazione delle istituzioni scolastiche che dal prossimo settembre goderanno d’autonomia organizzativa, amministrativa, didattica e di ricerca. Il piano di dimensionamento delle scuole di base  viene attuato in vista della “fusione” di scuole elementari e medie per una durata di sette anni e delle scuole secondarie che con il riordino dei cicli si chiameranno “Licei”, della durata di cinque anni, di cui il primo biennio divenendo obbligatorio sarà più “popolato” di studenti.
In questi giorni nelle scuole medie in particolare si organizzano assemblee, si formulano proposte, si avanzano idee progettuali d’accorpamenti e scissioni, si contano i numeri, si elaborano tabelle progressive di sviluppo della popolazione scolastica.
L’approvazione della legge del “riordino dei cicli”, anche se entrerà a regime gradualmente a partire dal 2001, diventa una via ormai tracciata nel solco della scuola di base che sarà articolata in sette anni, e vedrà impegnati maestri e professori nella definizione di un organico “piano dell’offerta formativa” che ingloba l’intero percorso settennale di formazione.
Sarà un bene?, Nessuno in questo momento può dare certezze, ma tutti possono contribuire a rendere efficace ed efficiente la scuola di base unitaria e articolata.
Io non so se le cose andranno bene, quando andranno diversamente, ma una cosa è certa che le cose dovranno andare diversamente” – Questa espressione dello scienziato tedesco George Christopfh Licthenbergh, accompagna e guida la ricerca del nuovo e del positivo in tutte queste riforme che appaiono confusionarie e non sempre coerenti e ben integrate.
La difficoltà oggettiva di pensare a delle istituzioni con un elevato numero di alunni e di docenti, a Collegi docenti ingovernabili, a progetti di cooperazione che si scontrano con mentalità formazione e culture diverse, ed ancor più la carenza di strutture edilizie, la frammentazione dei plessi che di “scolastico” hanno soltanto il nome, e tutte le conseguenze che tale ridimensionamento comporta, anche per la riduzione di Personale amministrativo ed ausiliario, lasciano nel vago le prospettive della riforma ed il progetto della scuola dell’autonomia.
Non può, comunque prevalere solo la logica dei numeri attuali, ricavati dalla somma algebrica dell’esistente. Contare il numero degli alunni presenti a scuola per dire che siamo una istituzione autonomia, è un’operazione alquanto riduttiva, anche perché mentre le attuali scuole elementari dovranno soltanto aggiungere due anni all’attuale impianto organizzativo didattico, la scuola di base che si costruisce attorno all’attuale scuola media dovrà cominciare ad attivarsi per avere gli iscritti al primo anno del settennio.
La prospettiva della riforma della scuola di base  è, infatti, un ciclo settennale di almeno quattro corsi completi di 25 alunni  per sette anni o meglio sei corsi anche se di 20 alunni, che consentono la strutturazione modulare delle classi e quindi delle attività formative.
Un pizzico di entusiasmo serpeggia in alcune istituzioni scolastiche nelle quali la situazione di numeri e di progettualità appare consolidata e nelle quali è già attiva una progettualità innovativa ragionata e vissuta, attraverso la diligente ricerca di soluzioni migliorative del servizio scolastico.
Alcune di queste, con saggezza e chiarezza progettuale, già dal prossimo anno 2000-2001 avvieranno, in “fase sperimentale” l’organizzazione della scuola di base, una migliore utilizzazione del personale docente ed una organica progettazione dell’intero percorso formativo.
Quando non ci sono idee e progetti chiari accresce la confusione e l’incertezza degli operatori  che si diffonde e coinvolge anche  le famiglie, le quali avrebbero, invece, bisogno di maggiori sicurezze e di più serene prospettive per il futuro dei loro figli.
Ai ragazzi, agli studenti, ai genitori la fusione delle scuole non dovrebbe provocare grave disagio nel servizio scolastico, in certi casi anzi tale servizio potrebbe offrire una migliore efficienza della scuola che organizza in maniera organica e continuativa il servizio, la certificazione, la modulistica, le attività, gli spazi, i laboratori, le palestre.
Ricercando il positivo e facendo “il gioco della felicità” come Polyanna, credo che tra le tante cose buone che l’autonomia potrà apportare alla scuola c’è il progetto di un’organica continuità formativa. Avere una scuola di base articolata in sette anni garantisce e stimola una progettualità forte, capace di evitare la ripetizione ciclica degli argomenti e graduare il processo di crescita e di sviluppo delle conoscenze, delle competenze, della dimensione orientativa.
L’organizzazione degli alunni in gruppi anche di livello omogeneo per lo svolgimento di alcune attività, la strutturazione del percorso didattico e dei contenuti disciplinari in “moduli” secondo i principi della flessibilità, offre maggiori opportunità di successo formativa, fondato anche sulla verifica, valutazione e certificazione delle competenze nello svolgimento del curricolo centrato sull’alunno.
L’ottimizzazione delle risorse umane, professionali, economiche dovrebbe portare dei benefici alla progettualità didattica e formativa. Basta volerlo e ricercare il positivo dell’innovazione.