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Dirigenti scolastici, via alla trattativa per il Ccnl

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Dopo mille indugi, con un po’ di malcontento fra gli interessati (e qualche "svista" ortografica), il Governo ha finalmente emanato l’atto di indirizzo che dovrebbe ora dare il via all’apertura della trattativa per il primo contratto dei dirigenti scolastici.
L’incipit del documento (firmato già intorno al giorno di Natale ma pervenuto all’Aran solamente poco prima dell’Epifania) non è particolarmente felice.
"A seguito delle sollecitazioni pervenute dalle organizzazioni sindacali – così si apre infatti il testo – è emanato l’atto di indirizzo per il CCNL del personale scolastico dell’area V (si tratta appunto dei dirigenti scolastici, ndr)".
Come dire: se non lo avessero chiesto i sindacati, il Governo non si sarebbe certamente preso la pena di emanare l’atto!
E più avanti – parlando delle competenze del dirigente scolastico – si legge che "ad egli spettano poteri di direzione, ecc…".
Considerando che il documento esce dagli uffici del Ministero della Funzione Pubblica, l’affermazione iniziale e l’espressione "ad egli" lasciano quanto meno sconcertati.
Per il resto tutto come nelle previsioni: le risorse messe a disposizione sono esattamente quelle previste dalla legge finanziaria (200 miliardi per il 2001); qualche problema – forse più reale che apparente – potrebbe esserci per compensare il periodo settembre/dicembre 2001 per il quale direttori e presidi ha concretamente svolto funzioni dirigenziali ma non hanno avuto ancora nessun riconoscimento economico.
Ma bisogna considerare che è ancora in discussione l’utilizzo dei soldi legati alla valutazione del servizio reso per il 1999-2000; e poi sia l’Anp sia i sindacati confederali contano sulla disponibilità di risorse ottenute dai risparmi dovuti al dimensionamento delle istituzioni scolastiche (a conti fatti si parla di circa 2000 scuole in meno nell’arco di poco tempo).
A questo punto non ci sono più ostacoli all’apertura della trattativa che potrebbe risultare anche più breve del previsto.
Sempre che non si creino dissensi e fratture fra le stesse organizzazioni sindacali; non mancano infatti i timori che gli aumenti richiesti dai capi di istituto (qualcosa di meno di un milione netto al mese) possano innescare rivendicazioni a catena nel settore del pubblico impiego. E anche all’interno dei sindacati confederali si teme che bidelli, insegnanti e amministrativi possano ritenere sproporzionati tali aumenti rispetto a quelli concessi al restante personale della scuola.